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Capitolo
8
Tralasciando
questi aspetti, che possono forse impressionare negativamente, consideriamo ora
le “Piccole Italie”, le “Little
Italies”, che si diffusero un po’ in tutte le grandi città degli Stati
Uniti, St. Louis compresa, anche se quella più importante, forse la più
numerosa, fu quella che si stanziò a New York in Mulberry Street-Manhattan.
Qual’era
l’atteggiamento del nostro emigrante negli Stati Uniti di fronte all’ostilità
e all’isolamento in cui era tenuto? Egli era inevitabilmente portato a fare
gruppo a sé, ad autoghettizzarsi, a riprodurre nel nuovo ambiente quello del
proprio paese, l’ambiente italiano che si era lasciato alle spalle. Da qui
quelle situazioni, peraltro sempre severamente censurate dall’opinione
pubblica americana, che sapevano appunto molto di paesanità, come per esempio
le tradizioni religiose, spesso molto barocche, che si manifestavano nei
quartieri italiani e che erano fatte di una religiosità tutta esteriore; oppure
le processioni; e via dicendo. In sostanza l’emigrato italiano sentiva il
bisogno, per difendersi, di ricreare un certo tipo di tessuto associativo, come
le società di mutuo soccorso, che ne costituivano un po’ il cemento, il
tessuto connettivo, e che animavano e tenevano unite le nostre comunità. Anche
i nostri emigrati cuggionesi, stanziatisi alla Collina, la Hill, di St. Louis
sentirono il bisogno di creare una società di mutuo soccorso e voglio
ricordare, a tal proposito, un documento del 1897 col quale ne diedero
comunicazione al sindaco di Cuggiono Bossi. Presidente era un certo Luigi Caloia,
che dice: ”La informo signor sindaco che il 1° maggio dell’anno scorso –
la data non è casuale - abbiamo anche noi qui fondato, grazie al contributo di
108 cuggionesi, la società di mutuo soccorso nordamericana ecc. ecc” e parla
di affratellamento, di società consorelle e così via.
Quello
che avviene a St. Louis è l’esempio della situazione generale che si venne a
creare un po’ in tutte le grandi città americane, situazione determinata dal
bisogno di ricreare, di riprodurre un contesto che fosse in qualche modo
familiare, protettivo. Va sottolineato, a non troppo onore della società di
mutuo soccorso dei cuggionesi, che, nello statuto, essa prevedeva l’iscrizione
soltanto degli italiani residenti da Roma in su, mentre escludeva
categoricamente i meridionali. A St. Louis, nel quartiere della Hill, ci fu
l’insediamento dei cuggionesi, degli inverunesi, e così via ma,
successivamente, cominciò ad affacciarsi anche un’altra immigrazione,
siciliana - catanese per la precisione -, minoritaria rispetto a quella
lombarda. Per decenni le due comunità italiane si fecero una guerra terribile,
una guerra non violenta intendiamoci, spesso manifestata solo a suon di
processioni. Il dissidio campanilistico cominciò a ricomporsi con l’arrivo
alla Collina di un missionario scalabriniano, un certo Cesare Spigardi, un prete
mantovano, che cominciò ad organizzare le due comunità italiane: venne eretta
la prima chiesa, venne organizzata la consueta cooperativa, ecc. ecc. e, da
aggregato informe quale era, la comunità italiana cominciò ad acquisire una
sua fisionomia organizzata, rappresentata dalla società di mutuo soccorso e
dalla chiesa e che avrà in Gianluigi Guardoni colui che comincerà ad
organizzare politicamente i nostri emigranti.
In
ogni caso il senso di isolamento, di spaesamento, di smarrimento, di solitudine
rappresenteranno lo stato d’animo e la condizione della maggior parte dei
nostri emigranti. E qui darei lettura di una lettera, che mi sembra molto bella
anche se straziante, che dà il senso della condizione di solitudine in cui
vivevano i nostri emigranti. A proposito di queste lettere, c’è da fare una
considerazione: i nostri emigranti non erano adusi alla lettura e scrivere una
lettera era un fatto importante, quindi
il registro delle loro lettere era sempre un po’ solenne, irrigidito in una
certa convenzionalità; in certi momenti però emergevano sprazzi di
immediatezza, di spontaneità e allora si parlava dei propri affari domestici,
familiari oppure, come nel caso della lettera seguente, si comunicavano notizie
tragiche.
St.
Louis, 31 ottobre 1927
A
Monno Antonio e a Garavaglia Clementina
Mesero
– Milano – Italia
“Carissimo padre e madre
Vengo con queste mie poche righe onde per farvi sapere le mie notizie.
Vi faccio sapere che in questi giorni sono proprio tribulata e piena di
dispiaceri; vi faccio sapere, caro padre e cara madre, che il giorno 26
settembre ho avuto una bellissima bambina, Mario era matto dalla contentezza e
ora, caro padre Antonio e cara madre Teresa, non la vede più. Vi dico che il
giorno 18 ottobre è morto mio marito Mario, cioè vostro figlio; dunque pensate
cari genitori che dispiacere provai in quei giorni. Ora miei cari sono rimasta
da sola con 5 figli, pensate voi come devo fare io e come sono tribulata, non
credevo mai più che Mario doveva morire così…”
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