Intervento
conclusivo di Aldo Aniasi
“IL
LASCITO MORALE DELLA RESISTENZA”
“LA
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA”
Voglio
innanzitutto ringraziare il Sindaco di Cuggiono Giuseppe Locati che portandoci
il suo saluto ha dimostrato sensibilità, apprezzamento, sottolineo io, perché
è in controtendenza al disimpegno di molte autorità istituzionali.
Siamo
qui per onorare il sacrificio di giovani fucilati il 7 luglio qui a Cuggiono e
del partigiano Giovanni Rossetti, tutti colpevoli di amore di libertà.
Ho
molto apprezzato la bella relazione del Prof. Luigi Ganapini, uno storico che si
è dedicato allo studio e alla ricerca dell’antifascismo, della guerra e della
Resistenza ed è autore di importanti pubblicazioni.
Il
Prof. Ganapini ci ha descritto l’atmosfera ed il quadro politico del fascismo
e delle responsabilità di aver instaurato la dittatura e un regime totalitario.
Voglio ricordare il valore della Brigata Gasparotto del Raggruppamento Fratelli
Di Dio, accanto alla quale ho combattuto nelle Valli Ossolane.
Voglio
ricordare i compianti Eugenio Cefis,
che fu Comandante del Raggruppamento e lo scomparso Rino Pacchetti, medaglia
d’oro al Valor Militare che fu
Vice Presidente della F.I.V.L e di cui sono stato affettuoso amico.
Ho
ascoltato come voi, con grande interesse, la testimonianza di Pinetto Spezia (il
Comandante Rock) e Leonildo Ranzini (Leo) che hanno partecipato alla lotta
partigiana in queste zone dell’alto milanese.
Ma
questo è un incontro che vuole anche guardare agli avvenimenti che viviamo
oggi, che parla ai giovani che guarda al futuro appunto partendo dalle
esperienze del passato.
Come
ex Resistenti, riteniamo doveroso dare un contributo alla conoscenza della
storia del secolo scorso nel quale si sono consumate tragedie terrificanti
segnate da lutti, distruzioni e orrori culminati nello sterminio di
milioni di innocenti in tutta Europa.
Elia
Wisel – premio nobel affermò: “soltanto raccontando la storia del passato
possiamo proteggere l’avvenire”. Dobbiamo, aggiungiamo noi, impedire la
cultura dell’oblio.
Conoscere,
sapere, capire quali sono state le cause per cui tutto questo sia potuto
accadere è essenziale se si vuole evitare che
possa ripetersi. Primo Levi uscendo da Auschwitz
ammoniva :“E’ accaduto, può accadere
ancora”.
Far
vivere la memoria è quindi un dovere che noi abbiamo nei confronti
dei contemporanei e delle future generazioni.
In
questi anni si sta faticosamente costruendo l’Europa, una costruzione che
inizia con la caduta del nazifascismo e realizza un progetto di Resistenti
condannati al confino di polizia a Ventotene (Altiero Spinelli – Giorgio
Colorni – Ernesto Rossi). Tre antifascisti di diverso orientamento politico
perseguitati dal fascismo.
Un
sogno sostenuto da ideali di libertà e di giustizia che si proponevano di
impedire il ripetersi di tragedie immani.
Questa
Europa, che per secoli ha conosciuto sanguinose lotte fratricide,
gode oggi 60 anni di pace, ma è
chiamata a difendersi da una grave emergenza: il terrorismo
internazionale e nel contempo assumersi la “terribile” responsabilità di
impedire conflitti moderni dalle conseguenze devastanti.
Esiste,
ci siamo chiesti, la memoria di ciò che è accaduto?
Siamo
convinti che molteplici e complesse ragioni abbiano ostacolato una precisa conoscenza di quanto
è avvenuto e del perché sia avvenuto.
Le
spiegazioni sono numerose, anche se non accettabili: la spartizione del mondo
decisa a Yalta, la guerra fredda, l’equilibrio basato sul terrore che una
guerra nucleare tra due blocchi avrebbe portato all’annientamento
dell’umanità. A tutto ciò va aggiunto il
comprensibile desiderio di dimenticare i drammi vissuti, di non
riaccendere odi e divisioni legati alle sanguinose lotte per la liberazione;
insomma di non riaprire vecchie ferite a stento rimarginate. Ragioni che hanno
contribuito in una assenza di memoria che si ripercuote sulle vicende di oggi.
Occorre
conoscere la Storia per far vivere valori ed ideali che debbono essere alla base
del vivere civile, di un mondo democratico
fondato sulla giustizia e sulla libertà.
La
scuola – non per responsabilità esclusive degli insegnati - per decenni non
ha certo contribuito a rendere onore alla storia
e alla verità con la sua colpevole reticenza.
La
scuola deve innanzitutto non solo far conoscere la Costituzione della Repubblica
, ma insegnare che le sue origini sono nella lotta di liberazione.
La
Costituzione è sempre attuale.
Essa
rappresenta per tutti i cittadini l’espressione dei valori e dei principi sui
quali si deve reggere la nazione e costituisce il patrimonio ideale e morale di
tutti gli italiani.
La
Costituzione traccia l’indirizzo programmatico al quale deve ispirarsi la
legislazione, deve essere la guida per il legislatori, il comandamento per i
vertici delle Istituzioni.
Ma
non si può, in questi giorni, non esprimere allarme per la revisione in corso,
di cui si è consumato il primo atto: l’approvazione da parte del Senato di un
testo che un grande costituzionalista di fama internazionale, Giovanni Sartori,
ha così commentato: “nessuna persona seria o sensata dovrebbe
essere contenta. Stiamo sfasciando il Paese
che di sfascio costituzionale non ha certo bisogno”.
Quella
Costituzione che un grande giurista e illustre costituente ha definito ”Il
testamento di centomila morti” riferendosi a coloro che persero la vita nella
guerra di Liberazione Nazionale combattendo fascisti e tedeschi.
La
nostra Costituzione, non dimentichiamolo, fu l’alto e nobile compromesso fra
le culture socialista, cattolica, liberale, azionista e repubblicana.
Questa
convergenza di diverse culture ha consentito che la Costituzione venisse
approvata con il voto favorevole dall’80% dei Costituenti.
E’
questa la ragione per cui il carattere popolare
e lo spirito unitario che animarono la Resistenza rappresentano i tratti
distintivi della Costituzione.
Questa
la ragione per la quale la nostra Costituzione, una fra le più moderne, civili
e sostanzialmente democratiche del mondo, conserva tutta la sua attualità. Gli
operai che scioperarono nella primavera del ’43 prima ancora della caduta del
regime fascista e poi ancora nella primavera del ’44, i giovani partigiani
combattenti sulle montagne hanno trovato nelle norme della Costituzione la
traduzione scritta dei loro ideali.
Una
libertà autentica, una volontà di una democrazia non formale e di una Patria
risorta sui valori di umanità, di solidarietà sociale.
Come
non riconoscere che nella memoria storica del nostro popolo è rimasto il
ricordo della difesa del patrimonio industriale del paese dal saccheggio, dalla
rapina dei tedeschi in fuga; come non ricordare che la difesa delle centrali
elettriche ha consentito la ripresa e la ricostruzione del Paese dopo la
liberazione.
Sono
queste vicende storiche che hanno consentito al mondo del lavoro di entrare dopo
il ’45 nello Stato, di identificarsi in quello Stato dal quale era sempre
stato escluso.
Questa
memoria storica è stata alla base della piena partecipazione dei lavoratori
alla difesa della Repubblica dai disegni eversivi e dagli attacchi del fascismo
nazionale ed internazionale.
Questa
è la ragione per la quale i lavoratori hanno combattuto il terrorismo della
brigate rosse rifiutando lo slogan “né con lo Stato né con le brigate
Rosse”.
I
lavoratori che avevano costruito la Repubblica, hanno inteso difenderla,
sentendola come propria, identificandosi in essa nonostante le insufficienze, i
limiti e gli errori compiuti da una certa parte della classe dirigente del
Paese.
Va
innanzitutto sottolineato il carattere programmatico che ha fatto della
Costituzione un documento unico e originale; caratteristiche che Calamandrei
argutamente definì “presbite” e che ci consentono di considerare la
Costituzione una bussola che ci deve guidare verso un futuro di sostanziale
democrazia e forte socialità.
Presbite
perché scorgeva meglio le cose lontane più di quelle vicine , perché era
proiettata verso l’avvenire.
Mi
sembra, quindi, opportuno auspicare che si affermi un “patriottismo
costituzionale” in virtù del quale si debba consolidare l’unità e
l’identità nazionale.
Non
è quindi puramente declamatoria l’affermazione contenuta all’articolo primo
che afferma “la Repubblica è fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al
popolo”.
Mi
riferisco alla seconda parte della Costituzione e particolarmente alle norme
ordinamentali che devono essere adeguate rispetto ai principi generali
che la stessa Costituzione ha fissato nelle sue finalità e nei principi
modificabili. Ma lo si deve fare seguendo correttamente le prescrizioni che la
stessa Costituzione prevede per la sua revisione attuando la procedura
dell’articolo 138.
Credo
che per comprendere lo spirito che animò i dibattiti dell’Assemblea
Costituente sia bene ricordare le parole con le quali il Presidente
dell’Assemblea Umberto Terracini aprì la discussione generale il 4 marzo
1947: “il nostro dovere” – disse – non è solo quello di elaborare testi
legislativi e costituzionali, ma anche di essere in tutti i propri membri
esempio al Paese di intransigenza morale, di modestia di costumi , di onestà
intellettuale , di civica serenità”.
Una
Costituzione antifascista quindi, perché ogni articolo è in netta antitesi
alle dottrine, alle tesi e alle concezioni del fascismo.
In
un momento tanto difficile vorrei evitare la retorica, ma non posso dimenticare
il grande applauso con il quale il Parlamento riunito in seduta comune il 9
luglio 1978 accolse le parole
di Sandro Pertini al momento del Giuramento come Presidente della Repubblica
appena eletto il quale affermava: si svuotino gli arsenali di guerra,
sorgenti di morte, si colmino i granai sorgenti di vita.
In
queste tragiche giornate si levi la voce di coloro che in tutta Europa hanno
vissuto la terribile tragedia della più inumana di tutte le guerre, per
invocare la pace in Medio Oriente e nel resto del mondo, per far cessare le
persecuzioni e le ingiustizie, per combattere efficacemente il terrorismo
internazionale che genera paura e insicurezza.
Una
Costituzione che comanda l’adempimento dei doveri fondamentali di solidarietà
politica, economica e sociale (Art.2), che stabilisce che “ tutte le
confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge (Art. 8), che
sancisce che “l’ordinamento delle forze armate si ispiri allo spirito
democratico della Repubblica (Art. 52).
Ogni
articolo è un impegno, un comandamento per le successive generazioni.
Vedi
l’Art. 34 “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto
di raggiungere i gradi più alti degli studi.”
Non
si dimentichi quanto comanda l’Art. 11, “L’Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali”, quello stesso articolo che consente
limitazione alla sovranità nazionale prefigurando quell’Europa che stiamo
faticosamente costruendo secondo i
principi fissati dal “Manifesto di Ventotene” promosso da coloro che in quel
“confino” scontarono la “colpa” di amare la libertà, di voler
combattere il fascismo.
L’attualità
della Costituzione è ancor più sottolineata, appunto da questo articolo che
ripudia la guerra, che ci impone di operare per la pace fra i popoli.
Sottolineare
l’alto valore morale e politico della nostra Costituzione, prendere
l’impegno di lottare per impedire che si tenti di stravolgerla non significa
assumere un atteggiamento conservatore negando ogni possibilità di apportare
modifiche a strumenti che la pratica ha dimostrato non corrispondenti alle
esigenze, adeguandoli alla complessità di una società che in questi 56 anni è
cambiata e sollecita interventi rapidi e chiari.
I
valori espressi dalla Lotta di Liberazione trasfusi nella
Costituzione non sono quindi dell’una o dell’altra parte ma
patrimonio ideale e morale di tutti gli italiani.
Che
significato assumono quindi le ripetute proposte di abolire il 25 Aprile come
festività nazionale?
Il
25 aprile non è una giornata di festa dei soli vincitori, ma anche dei vinti
che, grazie alla liberazione, vivono in un’Italia risorta dalle rovine e dalle
distruzioni della terribile guerra e che oggi possono scegliere liberamente, con
democratiche elezioni chi li deve governare e amministrare.
Ci
sono brutti segnali che dimostrano l’intenzione e la volontà di cancellare
con la memoria le responsabilità politiche e morali dei fascisti.
Come
non essere quindi allarmati, come non reagire al fatto che a tali proposte si
associano personalità al vertice delle Istituzioni?
Come
non sottolineare che alte autorità del Governo non partecipano costantemente
alle celebrazioni di questa giornata che 59 anni fa vide il popolo acclamare gli
alleati angloamericani, i partigiani e gli insorti?
Come
non denunciare le ripetute, diffuse iniziative di minimizzare, giustificare le
responsabilità del fascismo che viene presentato come un regime tollerante che
mandava gli oppositori in villeggiatura?
Come
non sottolineare l’enorme responsabilità di coloro che falsificando la
storia, nascondono le gravissime colpe di chi si è alleato al nazismo.
E’
invece in atto una complessa strategia per cancellare la memoria della
Resistenza, una delle più gloriose pagine della Storia che con il Risorgimento
è fondante della nostra Nazione.
E’
da tempo in atto una campagna mediatica: dalla narrativa, ai quotidiani, dai
periodici, alla radiotelevisione e al cinema, che rappresentano un quadro delle
vicende dei giorni della liberazione nei quali i partigiani appaiono criminali
torturatori, responsabili di orrendi eccidi ed i fascisti, vittime spesso
innocenti, descritti come idealisti che muoiono al grido di Viva l’Italia,
Viva la Libertà.
Ancor
più sconcertante che al coro di costoro si aggiunga il Presidente del Senato,
seconda carica dello Stato che afferma: “non abbiamo più bisogno della
vulgata tolemaica e resistenziale;
non dobbiamo più dire che la Repubblica e la Costituzione sono antifasciste, ma
che la Repubblica e la Costituzione sono democratiche”.
“Sulla
Resistenza” – ha continuato Pera – “sarebbe il momento forse che si
metta in discussione il mito, lo si abbandoni, si faccia più storia”.
Ecco
quindi che le richieste di Don Gianni Baget Bozzo che vergognosamente ha
affermato che la Resistenza non sarebbe stata un movimento popolare, mentre è
responsabile di aver diviso la coscienza nazionale, e dell’on. Sandro Bondi
– entrambi autorevoli consiglieri del Presidente del Consiglio - di abolire la
festività del 25 aprile, trovano autorevole sostegno nei vertici delle
Istituzioni.
In
questo panorama preoccupante, unica voce istituzionale che denuncia senza
riserve le colpe del fascismo è quella del Presidente della Repubblica Carlo
Azeglio Ciampi che difende la Resistenza e la Costituzione.
La
Lotta di Liberazione Nazionale ha consentito la nascita della Repubblica, la
promulgazione della Costituzione che fissa principi di alta civiltà, che
esprime valori ed ideali che sono alla base delle democrazie moderne, valori di
eguaglianza, di solidarietà, di umanità, aspirazione di pace che ha aperto
la strada alla costruzione dell’Europa.
Una
Costituzione antifascista perché origine, spirito, contenuto di ogni articolo e
in antitesi alle tesi e alla concezione del fascismo. Una Costituzione che
sancisce principi immodificabili perché esprimono valori irrinunciabili perché
non conoscono obsolescenza.
“Resistenza
ora è sempre”, è il motto dettato da Calamandrei e che ci ha ispirato in
questi decenni. Dobbiamo resistere a chi vuole riportarci indietro nel tempo
cancellando quanto di positivo si è fatto in questi decenni.
Questi
incontri non sono quindi riti cerimoniali , non sono commemorazioni di fatti di
armi che appartengono al passato., ma invece vogliono far vivere valori ed
ideali che non conoscono obsolescenza. Sono valori sui quali si fonda la nostra
identità nazionale. La costituzione non è quindi una carta che appartiene al
passato esse è viva ed attuale e si rivolge al futuro.
Una
Costituzione che ha recepito la volontà, la speranza, i sogni di chi sulle
montagne, nelle città ha combattuto contro la barbarie nazifascista. Ecco perché
dobbiamo rafforzare e sostenere la Costituzione dell’Europa, di quell’Europa
che si fonda sulla sconfitta del nazifascismo.
L’unità
europea si fonda su valori di libertà e democrazia ed è perciò garanzia che
pericoli eversivi non si ripresentino in uno dei Paesi dell’Unione, garanzia
che ideologie liberticide troverebbero l’ostilità di tutta L’Europa.
L’anelito
alla pace ha consentito di far crescere gradualmente il senso di appartenenza ad
un unico Continente per ragioni storiche culturali; un antidoto al ripetersi di
confitti causati da assurde controversie di esasperato nazionalismo per ragioni
di interesse, di gelosia e di potere.
A
noi democratici si pone quindi l’esigenza di sostenere un’unità
dell’Europa che non può limitarsi ad essere solo economica e monetaria.
Quel
sogno si sta gradualmente tramutando in realtà. Ecco: “l’Europa che sta
nascendo è il frutto di quella “utopia della Resistenza”.
Grazie
alla vittoria contro il nazifascismo, l’Europa per secoli dilaniata da guerre
fratricide, ha goduto 60 anni di Pace.
Solo
una federazione degli Stati Uniti d’Europa con una unica politica estera, con
una unica politica della difesa con proprie forze armate potrà garantire un
ruolo di pace in piena autonomia e indipendenza, senza subire l’egemonia di
altri paesi extraeuropei.
L’unità
europea è un antidoto contro le tentazioni autoritarie e razziste, è un
fattore di stabilità democratica.
L’omaggio
che noi oggi rendiamo alle vittime del nazifascismo, vuole avere anche un
significato preciso: respingere i tentativi revisionisti, negare equivoche
parificazioni, riaffermare il legame fra Resistenza, Repubblica e Costituzione:
ripetiamo l’invito che ci lasciò Pertini, dobbiamo inviare
un messaggio di libertà “perché gli anziani ricordino, i giovani
sappiano”.
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