quella
con la natura.
Fa
caldo decisamente più del normale, mentre scriviamo queste righe in questa
"anomala estate". Scarseggia l'acqua e anche l'elettricità, i
ghiacciai si ritirano, mentre molti boschi bruciano e non pochi raccolti
vengono distrutti da grandinate anomale, assaggio di altri eventi, magari
alluvioni autunnali che probabilmente caratterizzeranno il clima quando
leggeremo questo articolo
Forse
per la prima volta nella nostra storia evolutiva stiamo toccando e osservando
direttamente ciò che scienziati e ricercatori iniziarono a denunciare fin
dagli anni sessanta. Attenzione la produzione crescente di CO2 (anidride
carbonica, gas serra prodotto dalla combustione) rischia di far tornare la
nostra biosfera nelle condizioni precedenti alla comparsa della nostra specie
sul pianeta, a quando cioé le immense foreste di cui era ricoperta la terra
iniziarono a eliminare la CO2 "in eccesso" (per noi) seppellendola
sotto la crosta terrestre, sotto forma di carbone o di petrolio. Questi rifiuti
del pianeta (poiché i combustibili fossili non sono altro che rifiuti per la
biosfera) furono "sapientemente" sepolti nelle viscere della terra
favorendo così la comparsa dei primi esseri viventi. Da circa duecento anni
quel circolo prezioso é stato invertito. L'homo
sapiens (ma non sarebbe meglio
chiamarlo homo demens?) sta spargendo
quei rifiuti nell'aria con un ritmo sempre più incessante ostacolando così la
fuoriscita delle radiazioni solari in eccesso,
fenomeno che comunemente chiamiamo effetto
serra.
Ecologia
ed economia hanno la stessa radice "eco", dal greco "oikos"
, casa, patria, terra. Ma le due discipline oggi che l'economia é diventata
una sorta di religione indiscutibile, sono ormai in rotta di collisione tra
loro. Nella economia corrente vige la regola che il PIL (prodotto interno
lordo) deve sempre aumentare. Guai se questo non accade (come questo avviene ha
poca importanza). Ce lo sentiamo ripetere da sempre, con ossessione, da tutti i
mass media, in questi giorni più che in passato.
In
ecologia vale la regola opposta: non esiste alcun organismo, pianta o animale che cresca illimitatamente... se ce ne fosse uno
soltanto, nel corso di milioni di anni nella vita del pianeta, avrebbe
distrutto qualsiasi altra forma vivente. "Gli
alberi non crescono fino al cielo" é il titolo ammonitore di uno
degli ultimi libri di S.J. Gould. Gli alberi crescono fino a procurarsi la
luce, ma poi si fermano. E noi? Quando sarà possibile mettere in discussione
questo ambiguo concetto di "sviluppo"
, concetto interpretato correntemente come crescita senza fine?
Quando sentiremo mai qualcuno di "quelli che contano"
affermare che é ormai ora di uscire da questa spirale suicida della crescita
continua?1
Sentiamo
alla televisione un coro unanime dare l'allarme perché c'é il rischio di
recessione, perché l'economia ristagna e il PIL non cresce più
illimitatamente. Dello sconvolgimento climatico di cui avvertiamo i primi
sintomi da questi dinosauri culturali poco o niente.
La
paura della recessione economica fa in pochi minuti il giro del pianeta,
diventa il titolo principale dei quotidiani. Quanto sta accadendo dal punto di
vista climatico balza alle cronache solo per il suo aspetto di "stranezza"
della natura o al massimo per i danni "economici" che produce senza
che nessuno (o quasi) faccia qualche correlazione tra la produzione artificiale
dell'uomo (il famoso P.I.L.) e il disequilibrio della biosfera. Sembrerebbe
quasi che questo insensato atteggiamento sia dovuto a una gigantesca opera di
rimozione inconscia di fronte a un pericolo incombente, che tanto vale ignorare
in modo così da esorcizzarlo.
Altro
che "homo sapiens". Questo
comportamento ci fa somigliare agli struzzi che quando avvertono una minaccia
nascondono la testa sotto terra per scongiurarla.
"I
miei amici ambientalisti non si preoccupino. I problemi dell'effetto serra sono
lontani. Almeno tanti anni come quelli che sono passati da Giulio Cesare a
noi".
A
pronunciare questa tranquillizzante frase fu qualche anno fa, il nostro
presidente del consiglio. Era una
battuta, ovviamente, e a parziale giustificazione eravamo nel 94 e certi
fenomeni erano meno evidenti. Ma
al di là della battuta come stanno le cose oggi? Lasciamo parlare qualche
dato: l'Italia nel 1997 si era impegnata col protocollo di Kyoto a ridurre
entro il 2010 le sue emissioni di CO2 del 6,5% rispetto al dato misurato nel
1990. Ad oggi, fine 2003, non solo non abbiamo diminuito di nessun punto
percentuale le nostre emissioni, le stiamo aumentando progressivamente. Oggi
siamo al 6% in più.
Che
sia forse oggettivamente impossibile diminuire i gas serra? Che gli impegni di
Kyoto siano solo dei sogni? La verità é che non si vuole cambiare strada.
Culturalmente siamo in enorme ritardo e le scelte in campo ambientale ed
energetico riflettono questo ritardo. In questo campo siamo dei dinosauri,
culturalmente e politicamente parlando. Ne volete una dimostrazione? La
Germania, che a Kyoto si era
impegnata con un robusto meno 25% di emissioni per il 2010, (una diminuzione 4
volte superiore alla nostra) oggi
é già attorno a meno 14%, tant'é che pensa di raggiungere questo obiettivo
alla fine del 2005 anticipandone quindi di ben 5 anni la scadenza.
Fortunatamente
qualche voce in controtendenza comincia a farsi sentire anche su autorevoli
quotidiani."La domanda ora é che
cosa possiamo fare per bloccare una catastrofe ecologica" - si chiedeva in prima pagina l'editoriale del
"Corriere della Sera" del 17 agosto a firma di G. Sartori "Prima
dobbiamo eliminare le risposte irresponsabili di chi sostiene che non occorre
fare nulla perché tutto é normale, perché il clima della terra é sempre
stato ciclico, oppure che non possiamo fare nulla perché i cicli di
riscaldamento e di raffreddamento sono prodotti da cause naturali" .
L'articolo riportava anche il parere della National Academic of Science degli
Stati Uniti , perentoria al riguardo:
"Ogni suggerimento che il riscaldamento degli ultimi vent'anni sia
prodotto da cause naturali, e specialmente da un crescente irradiamento del
sole... é semplicemente non sostenibile" , parere scientifico ed
autorevole ignorato dal presidente di quella nazione il cui primo atto una
volta insediatosi fu cancellare l'adesione degli USA al protocollo di Kyoto2
. Così i dinosauri nelle stanze
dei bottoni procedono senza tentennamenti ad alimentare la frebbe del pianeta e
la guerra alla natura (e non solo a quella).
E
allora che fare? O meglio, a fronte di questi atteggiamenti miopi, come
potrebbero agire le minoranze sensibili al problema, le comunità locali
accorte, gli amministratori avveduti?
Non
ci facciamo questa domanda perché solamente il "piccolo
é bello", non vogliamo sottovalutare le necessarie scelte dei
governi: anzi proprio perché queste sono importanti dovremmo chiederci come si
possa stimolarle a partire dai livelli locali.
Rimanere
ad attendere una risposta dall'alto non ci sembra un atteggiamento saggio.La
storia é lì a dimostrarci che il più delle volte i cambiamenti veri vengono
anticipati o accellerati da
piccole realtà che si "mettono in gioco"3
.
Dobbiamo
quindi partire dalle cose concrete che si potrebbero fare qui ed ora. Lo spreco
di materiali, di energia e di territorio (che si traducono in aumento di
emissioni di CO2) non avvengono solo perché i grandi danno il cattivo esempio.
Avvengono quotidianamente dovunque, nei comportamenti dei singoli e nelle
scelte delle realtà locali. Uno dei campi privilegiati di questo spreco
avviene proprio nelle città, nelle strade, nelle fabbriche, per non dire tra
le nostre mura di casa. Avviene a livello quantitativo,
ad esempio con lo strano concetto fatto proprio da quasi ogni
amministrazione che ogni paese si debba "sviluppare" in estensione
invece che in qualità, avviene nell' occupare nuovi terreni
sottraedoli all'agricoltura, cementificando anche quando non esiste una
domanda reale di abitazioni da
parte dei cittadini residenti. Avviene nello svuotare i centri storici dalle
attività commerciali per concentrarli in squallide imitazioni della vita
urbana che sono gli ipermercati e nei grossi centri commerciali periferici
raggiungibili solo in auto. Avviene nel privilegiare l'uso del mezzo di
trasporto individuale anziché il
mezzo pubblico o mezzi non energivori come la bicicletta. Avviene realizzando
strade anche dove esse non sono necessarie, avviene non ristrutturando
intelligentemente edifici , a partire da quelli pubblici che sono un vero e
proprio inno allo spreco energetico. Avviene nel non dar seguito concretamente
a quell' Agenda 21 locale la cui
adesione si é votata anche nei nostri consigli comunali ma che a tutt'oggi non
si mette in pratica. Cosa é questo se non uno spreco applicato al territorio,
al patrimonio edilizio, alla nostra agricoltura, all'energia e alle risorse
locali? E' il normale procedere di questi atti, tra l'indifferenza dei
cittadini, alla base dei grandi problemi ambientali di cui la natura ci sta
oggi inviando inequivocabili segni.
La
sociologa Hanna Harendt considerando la tragedia dell'olocausto e di come
questo era potuto accadere tra l'indifferenza dei più, aveva parlato di
"banalità del male". Ma cosa é tutto questo nostro "normale
procedere" se non la banalità quotidiana, spesso inconsapevole,
dell'attacco che stiamo portando al nostro ambiente? Eppure su questo terreno,
comunità locali avvedute e amministrazioni
sagge potrebbero veramente stimolare azioni d'avanguardia, che produrrebbero
ricchezza senza distruggere il territorio, che migliorerebbero il comfort e la
qualità risparmiando energia, che creerebbero occasioni di lavoro innovativo.
In questo ambito le nostre piccole realtà inserite in un'area a parco,
potrebbero veramente svolgere un ruolo importante cominciando a dimostrare che
ecologia ed economia locale possono trovare un nuovo campo d'intesa tornando
saggiamente a far pace con la natura. Questa "pace" non deve essere
solo una speranza. Deve anche essere un impegno forte. Questa "pace"
non può essere vista come un lusso che non possiamo permetterci: é l'unica
strada saggia da imboccare per tempo. Tanto più che la pace con la natura
sarà sempre più intrecciata con la pace tra gli uomini.
Ecoistituto
della Valle del Ticino
P.S.Che si possa agire in modo più ambientalmente ed energeticamente consapevole lo dimostra l'agire di comunità locali avvedute che in Europa hanno cominciato a intraprendere questa strada e dalle quali dovremmo cercare di prendere esempio. Tra l'altro questa saggezza spesso si coniuga con la bellezza dei luoghi. Sono comunità distanti solo qualche centinaio di chilometri da noi.Proposta: perché non organizzare un viaggio di qualche giorno in qualche cittadina austriaca o tedesca per conoscere queste realtà e come agiscono le loro amministrazioni? E' tempo che "gli uomini di buona volontà" sia all'esterno che all'interno delle istituzioni se ne rendano conto e agiscano di conseguenza, non é più tempo di restare dinosauri.
(Chi
si riconosce in queste posizioni ci contatti
all'indirizzo e mail
o telefonicamente allo 02.974075 - 02.9746502)
Cuggiono, Settembre 2003
1
Continuiamo a pensare che il PIL debba crescere
indefinitamente, che la produzione non debba mai rallentare che occorre
battere la concorrenza e al tempo stesso che possiamo tenere sotto controllo
la natura. Questo continuo mito della crescita non solo é alla base della
distruzione della natura, é anche un comodo sistema per non affrontare
correttamente un altro grande problema, quello della distribuzione, ovvero di
una maggiore equità tra strati sociali e
dei rapporti tra nord e sud del mondo: il nodo drammaticamente irrisolto
dell'eguaglianza e della giustizia sociale in quella casa comune che é il
nostro pianeta.
2
Buona parte dei suoi atti seguenti , non a caso caldeggiati da ministri e
consiglieri provenienti dal fior fiore delle aziende petrolifere e dal
complesso militare-industriale statunitense furono (e sono) in linea con
questo sconsiderato atteggiamento. Dalla deregulation in campo ambientale alla
liberalizzazione delle trivellazioni nelle aree protette, all'intervento
militare in aree "strategiche" (leggi: ricche di petrolio).
3
Ci sarebbe stata negli anni '90 la raccolta differenziata in Lombardia senza
il presidio di Buscate?