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USA: ARRIVANO I BIONEERS, PIONIERI DEL VERDE PERDUTO Sono i duri e puri dell'ecologia. Milizia pacifica del nuovo ambientalismo nato negli Usa. E sono forti dell'appoggio di Hollywood San Rafael, città californiana appena al di là del Golden Gate di San Francisco, è gemellata dal 1988 con Lonate Pozzolo, Varese. Il collegamento è legato alle centinaia di lonatesi che a partire dal 1880 vi si sono stabiliti e continuano a viverci. San Rafael è città modello e a misura d’uomo, quindi degna sede dell’incontro dei Bioneers dell’ottobre 2006.
Mangiano bio. Coltivano secondo natura. Guidano auto a basso impatto di inquinamento. Riciclano. Costruiscono eco e tengono d'occhio i consumi. E indicano tutti il verde, quando si tratta di scegliere il colore preferito. Quello dei soldi? No, della terra. Da proteggere e guarire. Perché - dicono loro - se il pianeta si salva, si salvano anche gli uomini. Parola di bioneers (dall'inglese biological e pioneers), i nuovi pionieri ambientalisti decisi a salvaguardare il mondo: scienziati e artisti, medici e sciamani, giardinieri e agricoltori, architetti, giornalisti, preti, poliziotti, mamme, insegnanti. Si incontrano una volta all'anno in California e ogni minuto sul web, nella community virtuale di www.bioneers.org. Scrivono libri, conducono programmi radio e tv, disegnano fumetti. Organizzano incontri, conferenze e workshop. Si scambiano consigli, informazioni, testimonianze. Fondano associazioni, si mobilitano per risanare un quartiere, un bosco, un acro di terreno, un corso d'acqua. Per piantare un albero o raccogliere un frutto, per difendere la qualità del cibo, delle medicine, degli indumenti. Negli Usa, dove hanno sede - in New Mexico - ma non soltanto. Nell'ultimo biennio, il movimento verde ha conquistato simpatizzanti anche oltreconfine, in Canada, Messico, Brasile, Giappone e in Europa (Gran Bretagna, Spagna, Russia, Croazia). E dire che, quindici anni fa, quando il fondatore Kenny Ausubel coniò per primo la definizione di 'bioniere', ora entrata di diritto nelle enciclopedie e nei dizionari inglesi, non erano che un centinaio, per di più etichettati dalla stampa come l'ennesima formazione di stampo new age. Oggi, i bioneers sono decine di migliaia - oltre duecento le comunità negli Stati Uniti - e vengono considerati un vero movimento culturale, il più interessante e capillare del Paese a stelle e strisce nell'ultimo ventennio. Trasversale, apartitico, influente. Tanto da meritarsi l'attenzione della classe politica, di attori, registi, sociologi. E oltre dodicimila presenze, tra partecipanti e ascoltatori via satellite, all'annuale appuntamento con la Bioneers Conference (vero e proprio festival dei bio-pionieri: il prossimo è fissato a San Rafael, California, dal 20 al 22 ottobre). Insomma, sono diventati una forza della natura. Quasi una milizia armata di pazienza e buone intenzioni. I loro principi? Sostenibilità e salute, interdipendenza e cooperazione. "Ogni giorno cerchiamo soluzioni e strategie per 'restaurare' il pianeta", spiega Kenny Ausubel. "Le soluzioni? È la Terra stessa a indicarle. Nel mondo naturale, tutto è strettamente connesso e tutto lavora per la propria conservazione. Non ci sono sprechi, non ci sono malattie. Basta osservare, studiare. E rendersi conto che chi ha messo in pericolo la salute del pianeta ha il dovere di prendersene cura. Non è un caso che i Bioneers siano nati negli Usa: il rimedio, come recita un detto dell'Amazzonia, si trova sempre vicino al veleno", conclude. Come loro la pensano molti connazionali. Le statistiche parlano chiaro: sono sempre più numerosi gli americani decisi a impegnarsi nel risanamento del globo. Coloro che si dichiarano preoccupati per le sorti dell'ambiente sono cresciuti dal 66 al 77 per cento in due anni (fonte: Gallup polling data). Gli uragani abbattutisi sul Nordamerica negli ultimi anni (Katrina su New Orleans in primis) hanno dimostrato che c'è in gioco la sopravvivenza del pianeta e dei suoi abitanti. E le campagne eco-oriented di Robert Fitzgerald Kennedy Jr. e di Al Gore hanno fatto proseliti, così come il film-documentario interpretato proprio da Al Gore e diretto dal regista David Guggengheim ha spopolato nelle sale cinematografiche d'oltreoceano. Si intitola 'An inconvenient truth' e spiega, senza mezzi termini, le conseguenze del surriscaldamento globale. I colpevoli? Petrolio, governi e multinazionali, d'accordo. Ma anche ogni essere umano, negli Stati Uniti o in ogni altro metro quadrato del mondo. "Il futuro della Terra dipende da ognuno di noi e dai nostri comportamenti", si infervora l'architetto e designer William McDonough, autore della bibbia dei greeners, 'Cradle to Cradle' (giunto alla quinta ristampa), nonché accanito sostenitore della bioneer-filosofia e della necessità per le aziende di trasformarsi e diventare eco-friendly. "Il mio consiglio? Prendete l'oggetto che più vi è caro - l'auto, la borsa, le scarpe - e rivolgetevi al produttore. Pretendete che la replichi rispettando la natura e le sue 'istruzioni'", dice. Per niente facile. Ma con lui si sono schierati tanti volti noti dello star system, a dare il buon esempio di impegno eco-sostenibile. Lo hanno fatto, tra gli altri, Billy Bob Thorton e Daryl Hannah, Kevin Bacon e Robert Redford, James Taylor e Cameron Diaz. Ognuno di loro ha confessato il suo 'segreto verde'. E se riciclare è l'imperativo in casa Thorton, la Hannah fa scorta di cibo soltanto nei supermarket biologici. Bacon fa attenzione al packaging ed evita la plastica di sacchetti e confezioni, mentre Redford e Taylor preferiscono dare il loro contributo alle associazioni ambientaliste. La Diaz è più radicale. Oltre a utilizzare soltanto detersivi bio-compatibili e degradabili, da conduttrice di Trippin' (nel 2005, su MTV) ha costretto amici e colleghi dello showbiz, compreso il fidanzato Justin Timberlake, a viaggiare con lei alla scoperta di parchi nazionali e mete naturalistiche. Lo scopo? Imparare le regole fondamentali dell'eco-turismo. L'attrice è stata tra le prime, con Leonardo Di Caprio, ad acquistare e guidare l'auto che secondo i bioneers risulta, a tutt'oggi, la più eco-corretta: la Toyota Prius Hybrid Sinergy Drive. Ha due motori, uno elettrico e uno tradizionale. E consente di risparmiare sul carburante (e pertanto di limitare le emissioni di ossido di carbonio). Con meno di 4 litri di benzina fa oltre 80 chilometri, per la gioia dei bioneers e della casa automobilistica giapponese. Così sono le Prius ad affollare i parcheggi e i garage dei pionieri biologici, insieme alle biciclette, ai nuovi materiali ecologici e ai pannelli solari nelle case a basso impatto ambientale. Secondo il settimanale 'Newsweek', che alla fortissima tendenza verde ha dedicato un intero numero, sono in aumento gli americani e gli europei che stanno rivoluzionando il loro stile di vita, assumendosi le proprie responsabilità. Le grandi aziende non possono stare a guardare. Tesco, ad esempio, colosso inglese del commercio, ha ufficializzato la decisione di trasformare i propri supermarket in veri eco-store: registratori di cassa alimentati da un innovativo sistema eolico, forno-panetteria a energia solare, toilette ad acqua piovana e l'invito, rivolto a tutti i clienti, a non usare buste di plastica per gli acquisti. Anche altre catene hanno annunciato di voler percorrere lo stesso cammino, come la statunitense Wal Mart, che ha puntato su carte e materiali provenienti non dal petrolio ma dal grano, per impacchettare i giocattoli. E ha acquistato grandi quantità di cotone bio per i capi d'abbigliamento sportivi: 190mila tute da yoga sono state vendute in sole dieci settimane. "Gli acquirenti non sono le poche star di Hollywood", ha commentato Lee Scott, amministratore del gruppo, "bensì i nuovi LOHAS", cioè gli 'illuminati' che hanno scelto di adottare bio-comportamenti nella loro routine quotidiana. LOHAS è l'acronimo di Lifestyle Of Health and Sustainibility, cioè uno stile di vita improntato alla salute e alla sostenibilità ambientale. Lo stesso predicato dai Bioneers sul web, nei programmi radio e tv (premiati e riconosciuti a livello internazionale), nelle loro pubblicazioni: una nuova etica per un nuovo eco-mondo. Nel quale, però, come fa notare il filosofo Umberto Galimberti in un intervento su 'Repubblica', "la natura oggi può sopravvivere soltanto grazie all'assistenza tecnica che, un giorno, l'ha compromessa, modificando le condizioni d'esistenza del mondo umano e animale nel loro ricambio organico naturale". Non basta. "L'etica di cui disponiamo - che ha subordinato tutti gli enti di natura all'uomo, in conformità al messaggio biblico- non è adeguata alla salvaguardia della natura e quindi neanche dell'uomo, che ha nell'ambiente la condizione imprescindibile della sua esistenza", prosegue Galimberti. Così oggi il pericolo non viene più dalla natura, ma dal potere conseguito dall'uomo per dominarla. Fino all'usura. A questo sfruttamento del pianeta, i 'bionieri' hanno proposto e opposto le loro soluzioni. Si sono incaricati di farsi rete, community, luogo di connessione e punto di incontro tra i tanti singoli che, nei luoghi e nelle condizioni più diverse, si impegnano per instaurare una 'bio-crazia' consapevole. "A un certo punto mi sono reso conto che tanti stavano lavorando nella stessa direzione, ma nessuno di loro lo sapeva", riprende Kenny Ausubel, l'ideatore del bioneer-pensiero. "Ho ritenuto che dovessero conoscersi, incontrarsi e confrontarsi. Così sono nati i bio-pionieri. In realtà esistevano già, ma non avevano un nome e non facevano gruppo". Oggi, quel gruppo sta rivoluzionando il mondo che intende salvare. E, in piena Age of Nature Restoration (l'età della restaurazione del pianeta), come dicono loro, hanno riscoperto che l'unione fa la forza. Della natura. n
Come mi sta il bambù? C'è il cotone organico e c'è la fibra di bambù. Ci sono le alghe, il vinile riciclato, la canapa. Sono i nuovi materiali ecologici, utilizzati da stilisti e designer per progettare una moda e uno stile ecologicamente corretto. A cominciare dal cotone rigorosamente bio che brand statunitensi come Ynnub e ParkVogel hanno già adottato per abiti e t-shirt. Anche Katherine Hamnett, in Inghilterra, è scesa in campo annunciando che presto lancerà sul mercato una collezione realizzata al cento per cento in organic-cotton. La fashion- designer Stella McCartney, invece, da sempre animalista, ambientalista e vegana, ha riscoperto il fascino del vinile. Riciclato e riciclabile, però, per realizzare borse e portafogli. Panda Snack è il nome di un'azienda che produce magliette in fibra di bambù, antibatteriche e morbidissime. Ma nel panorama della moda hi-tech e verde, ci sono le alghe di SeaCell, la fibra ricavata da alghe e cellulosa che rilascia sulla pelle minerali e vitamine benefiche, e con la quale si realizza soprattutto underwear, ma anche biancheria per la casa. Infine, la cara vecchia canapa: è il suo momento. Tutti la vogliono, Giorgio Armani e Adidas inclusi.
Colpito dal raggio verde. L'ultima mutazione di Leonardo DiCaprio Ci aveva già provato con The Aviator, il film diretto da Martin Scorsese. Oltre a interpretarlo, ne era stato il co-produttore. Ora però Leonardo DiCaprio, 32 anni, fa sul serio, e produce il suo primo docufilm, del quale è anche ideatore e voce narrante, per denunciare lo sfruttamento della natura da parte dell'uomo. Titolo: 'L'Undicesima ora', nelle sale americane in autunno. Con lui, nel progetto, c'è anche Kenny Ausubel, 56 anni, il papà dei Bioneers che ai successi dei documentari è abituato. Giornalista, sceneggiatore e filmaker, ha infatti vinto nel 1990 il Premio per il miglior documentario giornalistico con Hoxsey: How Healing Becomes a Crime, incentrato sulla figura del medico americano che, per primo e contro tutti, sperimentò cure alternative sui pazienti malati di cancro. Insieme, Ausubel e DiCaprio hanno lavorato per diffondere i dati sulla salute del pianeta, l'uno nel ruolo di consulente per la sceneggiatura, oltre che di se stesso intervistato dall'attore, l'altro nelle insolite vesti di produttore e documentarista. Del resto, la passione verde di DiCaprio non è una novità. Negli anni, ha finanziato diversi progetti volti a proteggere l'ambiente e, agli inizi del 2006, ha trasformato il suo sito www.leonardodicaprio.com in un eco-web ricco di informazioni utili e link ecologisti. Con L'undicesima ora, l'attore - che è anche proprietario di un'intera isola al largo del Belize, Blackadore Cay - si conferma impegnato in prima linea tra i bioneers e deciso a non essere classificato soltanto come un sex symbol patinato.
Articolo pubblicato su L'Espresso nr.35 , 7 Settembre 2006 di Federica Brunini
Adattamento di Ernesto R Milani
7 Settembre 2006
e-mail ernestormilani "at" yahoo.it (per ridurre lo spamming è stato omesso il carattere @ e sostituito con "at")
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