In giro per la Montagna (the Hill) di St. Louis   

di Ernesto R. Milani     

 

Gene Mariani  continua a scusarsi per il suo italiano, che incerto non è, e mi guarda divertito mentre mangio con avidità una serie infinita di buffalo wings (ali di pollo fritte) e brindiamo con un boccalone di birra alla spina chiaramente Anheuser Busch.

Un viaggio sognato anni che si riduce a un giorno soltanto per incominciare a capire che cosa è successo in questa parte del mondo dove i Lombardi del mandamento di Cuggiono sono di casa dal 1880. 

Ci arrivarono lasciando un’Italia alle prese con problemi economici di ogni genere e trovarono lavoro nelle miniere d’argilla, nelle ferrovie e in cima a una collinetta che chiamarono pomposamente “Montagna” gettarono le basi di una comunità che continua a fiorire nel momento in cui molte Little Italies  sono scomparse oppure hanno perso molte delle loro peculiarità. 

Ho cominciato il mio viaggio un po’ fuori città. Come sempre vado a visitare i cimiteri. Quelli americani sono molto semplici, immersi nel verde e con pietre tombali senza pretese. Sembra un cimitero dell’Alto Milanese con i nomi precisi, noti. Stupisce la mancanza di fotografie e l’eccesso floreale nostrano. Li ringraziamo e li salutiamo tutti.

La vita della Montagna scorre intorno alla chiesa di St. Ambrose di cui quest’anno ricorre il centenario della fondazione e che sarà festeggiata il 7 dicembre 2003 con la Messa in italiano. Il parroco don Vincent Bonmarito ricorda la massiccia presenza lombarda che nel 1907 annoverava 1254 uomini, 237 donne, 323 ragazzi e 281 ragazze. I Siciliani che componevano l’altro gruppo italiano della montagna erano invece 722 uomini, 116 donne, 112 ragazzi e 100 ragazze.  

Le campane della chiesa furono donate nel 1926 e dedicate a St. Ambrose ma

anche alla Madonna del Carmelo (Cuggiono), Santa Teresa (Inveruno), San Nazario (Marcallo con Casone), San Vincenzo Ferreri (Casteltermini). 

Nel 1943 la Montagna contava ben 729 giovani sotto le armi. 

La fine della seconda guerra mondiale segnò un parziale declino della comunità ma lo spirito rimase. Le piccole case allineate con il giardinetto e la statua della Madonna resistettero alle sirene del suburbanesimo. La gente preferì la vita semplice simile a quella dei villaggi d’origine dove la distanza dal lavoro, dai negozi, dalla chiesa e dagli amici era minima.  

Negli Anni Sessanta la Montagna fu in pericolo a causa della costruzione dell’Autostrada 44 che di fatto divise la punta nord del quartiere e costò la perdita di un centinaio di casette. Il parroco di allora, don Salvatore Polizzi creò un comitato di opposizione che riuscì a bloccare un intervento speculativo e ottenne la riunione della parte più antica della Montagna con il resto della comunità attraverso un sovrappasso. Oggi il comitato Hill 2000  è il centro di osservazione per tutti gli affari e si adopera in tutti i modi per mantenere intatto il quartiere e permettere uno sviluppo compatibile che molte città americane invidiano: criminalità zero,  servizi  e costo della vita buoni e un grande senso di comunità.

Gli Italiani si riuniscono all’Italian American Bocce Club che ha circa 400 soci di ogni età. Ci sono stato di sera  e i sei campi erano tutti occupati. Li ho visti quei bei vecchietti. Uguali a quelli delle panchine della chiesa di St. Peter and Paul’s  di San Francisco di cui parla Ferlinghetti. Volti amici di Buscate, Inveruno, Robecchetto. Te lo dicono ridendo, mentre Gene Mariani che è Toscano,  ricorda loro che sono di Cuggiono. Te lo ripetono in dialetto ricordando un passato omogeneo e lontani ricordi mai spezzati. Ti fanno venire le lacrime agli occhi ma tu devi fingere che è una cosa normale parlare in un idioma quasi scomparso a casa tua. Le bocce scivolano con sicurezza  anche se i punti sono segnati su tabelle comprate al Kmart invece che sulle lavagnette di ardesia con il gesso bianco e c’è la birra la posto del baragieou (vino fatto con clinto e uva americana). 

Il Bocce Club ha un’ampia sala banchetti che viene utilizzata dall’Italian Club of St. Louis. Questa organizzazione é stata fondata nel 1922 e riunisce 150 persone di origine italiana che desiderano conoscere diffondere  la lingua, la cultura e le tradizioni della loro terra d’origine. 

In questo l’Italian Club è unico nel suo genere come ci ricorda Barbara Klein con nonni di Arconate con esperienze di lavoro alla KPMG di Milano e una assoluta padronanza della lingua italiana. Le attività del club prevedono un incontro mensile con un argomento specifico sull’Italia condotto sia in italiano che in inglese. In novembre ad esempio è stata presentata la a figura di Dandolo, Doge a Venezia nel secolo XI a cura del professor  Madden. 

A breve distanza dalla chiesa  di St. Ambrose abbiamo incontrato Suor Maureen Martin, direttrice della scuola cattolica di St. Ambrose che accoglie studenti delle elementari e delle medie. 

La scuola è stata fondata dai Lombardi nel 1906  e continua la sua missione di istruzione secondo la tradizione cattolica. Nel momento in cui il laicismo coincide spesso con il taglio delle radici, questa istituzione ci è parsa degna di nota. 

Siamo stati presentati ad una classe delle elementari che sta per intrattenere dei rapporti di amicizia con una classe di Cuggiono, città che abbiamo volentieri descritto attraverso le diapositive.   

Come vuole la tradizione, ci siamo fatti fotografare di fronte al monumento all’emigrante sito di fianco alla chiesa. Gene mi fa notare che non solo lo scultore Torrini è di Lucca ma che anche l’etichetta sulla statua mostra sempre Lucca ma non  mi lascio intimidire dal campanilismo anche se le varie distinzioni regionali continuano a persistere e non sempre in maniera positiva. 

Gene mi ricorda quanto sia stato importante lo sport sulla Montagna soprattutto nel periodo tra il 1920 e il 1960. I nomi di Yogi Berra (Cuggiono) e Joe Garagiola (Inveruno) sono noti a tutti gli appassionati di baseball. E mentre mi dilungo a paragonare i campioni di baseball della Montagna di St. Louis ai campioni di calcio italo-argentini della squadra del Boca Juniors di Buenos Aires fondata dai genovesi della  Boca nel 1905, mi viene ricordata la storia della squadra di calcio americana che nel 1950, durante i campionati mondiali svoltisi in Uruguay, sconfisse la squadra inglese. Il goal vincente fu segnato da un immigrato haitiano, Joe Gratjeans ma ben cinque componenti della squadra erano di St. Louis tra cui Gino Pariani e Frank Borghi che era il leader indiscusso dentro e fuori dal campo. La storia di questo evento memorabile sta per essere  

Rivissuta in un film che il regista David Anspaugh ha appena finito di girare e che sarà basato sul libro “The game of their lives” (La partita della loro vita) di Geoffrey Douglas.

La Montagna è soprattutto passeggiare e guardare lontano le miniere scomparse. Attraversare il sovrappasso e gironzolare lungo le vecchie casette unifamiliari. Ci sono ancora le “shotgun”. Le abbiamo visitate. Sali le scale, ti fermi sulla veranda e guardi da ambedue le parti. Le case sono perfettamente allineate e sembrano un porticato do Vigevano. Entri e c’è un lungo corridoio su cui danno le varie camere e in fondo la cucina con la porta che da’ sull’orto. E ti accorgi che un colpo di fucile avrebbe davvero potuto attraversare la casetta, casetta “colpo di fucile”.  

La gente si conosce e si ferma spesso a parlare. I negozi di merce importata sono doversi e anche i ristoranti sono aumentati. Pasquale, anni 88 continua a impastare dolci alla Missouri Bakery per ammazzare il tempo. Bar storici dappertutto. Bar Mi ricorda un po’ la zona dei Navigli di Milano: The Hill è diventata la meta d’obbligo per chi arriva a St. Louis dove tutto è ancora autentico. E in tutto questo ci si chiede perché si è distrutto per poi rimpiangere il passato.  

Carol Ranzini mi ha presentato suo papà. Ambrogio. Ci siamo fatti fotografare assieme. Indossavamo la stessa camicia color granata della Dockers. Abbiamo dialogato in dialetto. Tutti mi dicevano che non lo parla più nessuno e invece ci sono ancora gli amici come lui che ci stanno aspettando. Il tempo Va. 88 anni portati bene con baffi bianchi ben curati e gioia di vivere. 

Carol Ranzini rappresenta la cuggionese-americana che ci aspettiamo. Bella, simpatica, memorabile. Memoria storica continua. Desiderio di riallacciare anzi di legare tutta la diaspora lombarda del Missouri e del Michigan e dell’Illinois. Dialetto che ti sfugge dalla lingua. 

Passo lento su e giù per i vialetti dove l’autunno frena le passeggiate. Cielo plumbeo vicino all’estate indiana e le foglie ancora di colore acceso: rosso, giallo, marrone, ocra. 

Il giorno lungo e la vecchia sede della  Società di Mutuo Soccorso Nord Americana  chissà che cosa alberga. Che ne sarà stato? Sorgono tante domande su un passato che sta per scomparire e un futuro che senza di esso sarebbe monco. Pensavo di fare soltanto una gita ma mi sono ritrovato a cercare 120 anni di storia in un baleno. 

Carol ci invita a cena. Gene e Barbara adorano il risotto con i funghi. Io mangerei soltanto quello. 

Come una volta  a casa dei miei genitori alla domenica. Brodo di gallina. 

Ciao Ernesto, quando torni la prossima volta ricordati, please, fung e zafràn. 

  

Il volo AA5478 da St Louis per  Newark è partito alle 0855 dell’ 11 novembre 2003. 

      

Ernesto R Milani 

                                                                                                           Milano 1 dicembre 2003   

P.S. La storia di come si è organizzata ed evoluta la comunità italiana (prevalentemente originaria della nostra zona) sarà oggetto del prossimo libro che editeremo come Ecoistituto della Valle del Ticino:  Gli immigrati sulla collina, versione italiana del libro del Professor Gary Ross Mormino : Immigrant on the Hill.