Le popolazioni contadine dell'Alto Milanese tra protesta e progetto migratorio.

 

di Robertino  Ghiringhelli (*)

 

Oggi è dato per scontato cosa sia l’Alto Milanese, però una definizione esatta, geografica, amministrativa e socio culturale non c’è.  Il primo che cercò  di dare una identità a realtà  composite come sono i territori e le comunità che formano e determinano i luoghi a nord di Milano tra il Ticino e l’Olona fu uno studioso, un agronomo  della prima metà dell'Ottocento, diventato famoso perché fu il  primo ad applicare il metodo positivo della statistica sociale nelle  indagini dell'appena  nato Stato Unitario Italiano.

Si tratta di un nobile di Casalbuttano: Stefano Jacini ( 1826-1891).

Nel 1856 in un'opera che ormai è un classico della storiografia economica, La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia,  definiva come Alto Milanese il territorio che comprendeva i due circondari di Gallarate e Monza e parte di quelli di Abbiategrasso e di Milano.

Più precisamente ne facevano parte i mandamenti di  Somma Lombardo, Gallarate, Busto Arsizio, Saronno, Rho nel circondario di Gallarate; di Seveso, Carate, Desio, Monza, Vimercate nel circondario di Monza; Cuggiono, Magenta nel circondario di Abbiategrasso; di Cassano d’Adda, Gorgonzola, Bollate, Affori , Corsico nel circondario di Milano. [1]

 

Oggi, per Alto Milanese si intende la zona che va da Busto Arsizio a Rho e si estende fino al Ticino finendo poi, nella parte terminale, a Magenta, Turbigo e Cuggiono.

Ho iniziato questo intervento con una precisazione geografico storica  poiché chi voglia studiare questa realtà consultando archivi e documenti, spesso non sa in quali archivi cercare, vista la disomogeneità tra definizione reale e comune del territorio e definizione amministrativa.

Comunque, la stragrande maggioranza dei dati riguardanti i circondari di Abbiategrasso e Gallarate, che erano conservati presso  l’Archivio di stato di Milano, sono andati persi durante i bombardamenti della II Guerra Mondiale secondo la versione ufficiale o usati come combustibile da riscaldamento nel periodo della Repubblica Sociale secondo la “vulgata” degli archivisti.

Le ricerche citate dello Jacini e del Serpieri, l’Inchiesta Agraria sul circondario di Abbiategrasso di Don Rinaldo Anelli del 1882, ci consentono di stabilire senza dubbi che il circondario di Abbiategrasso era la realtà povera della provincia di Milano e, al suo interno, il mandamento di Cuggiono era quello ove la proprietà fondiaria era concentrata in poche mani e non vi era mobilità della medesima.

Queste proprietà erano divise in un certo numero di colonie, adatte ciascuna alla capacità di lavoro di una famiglia colonica che viveva con altre famiglie nella “corte”.

Attorno al villaggio rurale, insieme di più corti, ogni famiglia riceveva vari piccoli lotti di terreno, separati e distanti l’uno dall’altro. [2] Questo smembramento della condizione dei vari terreni in ogni singola proprietà ebbe come conseguenza un maggior legame dei contadini con la proprietà e un loro sempre minore potere di contrattazione nel rinnovo dei patti agrari, che erano a stragrande maggioranza contratti per colonia mista.

Questo contratto prevedeva che ogni famiglia colonica ricevesse a basso prezzo d’affitto delle stanze e stalle colla corte con un certo numero di pertiche di terreno e dovesse sottostare a determinati patti ed obblighi piuttosto onerosi, che variavano da caso a caso.

Spesso chi trattava il tutto era il fittavolo o affittuario, che figurava da mediatore tra i contadini e il padrone. In questi casi, ed erano la maggioranza nel Cuggionese e nell’Abbiatense, le condizioni del contratto erano ancora più onerose per i lavoratori. Verso la metà dell’Ottocento, in conseguenza dello sviluppo delle industrie e, quindi, della richiesta di mano d’opera, e delle rimesse di chi era emigrato all’estero, si affermò il contratto di affitto a danaro, che liberò dal giogo dei fittavoli i coloni più fortunati. Erano coloro i quali avevano altre entrate oltre a quelle derivanti dalla coltivazione della terra. Stava nascendo quella che è statala figura dominante nel Novecento, almeno fino agli anni del boom economico, il contadino operaio. [3]

 

Le caratteristiche del territorio della parte centrale e meridionale dell’Alto Milanese, salvo la parte irrigua dei canali e le terre prossime al Ticino, hanno fatto sì che la predominante povertà di risorse acuisse l’ingegno e l’abilità di mestiere degli abitanti di questa terra.

Così già nel Settecento i cuggionesi erano famosi a Milano e in tutto il Ducato per la loro bravura nel muovere la terra. Così ogni lunedì mattina molti di loro si recavano in una località detta il Ponte situata vicino a Porta Garibaldi con i loro arnesi di lavoro per essere assunti dai vari capomastri. [4]

E fu qui che appresero i primordi dell’Associazione del socialismo, che con la crisi agraria degli anni ottanta, legata all’oidio e alla peronospera  della vite e alle morie dei bachi da seta, si sarebbero trasformati nella ricerca di un nuovo migliorato rapporto di lavoro e di un’emancipazione sociale e politica, note comunemente come lotta per l’ideale.

Una ulteriore spinta a cercare di cambiare lo stato delle cose venne dall’emigrazione stagionale. L’inchiesta agraria Jacini del 1882  nota una forte richiesta di patenti per l’espatrio, gli odierni passaporti, negli anni 1879 e 1880.

Le richieste riguardavano in primo luogo i permessi per tre stati europei, cioè Francia, Svizzera e Germania e in questo erano simili a quelle del resto della provincia di Milano. Per quanto riguarda la Francia l’emigrazione interessava Robecchetto, Inveruno, Cuggiono e gli emigranti, quasi tutti stagionali, superavano le mille unità. La maggior parte si dirigeva verso il nord della Francia con un consistente gruppo che andava verso il Belgio, nella zona delle miniere. Questa tendenza si è protratta sino all’epoca fascista. Buona parte degli abitanti di queste zone, poi, è diventata cittadino francese o belga.

Gli originari del Magentino e del Turbighese privilegiavano invece i Cantoni della Svizzera tedesca e la Germania. Globalmente alla fine dell’Ottocento dal mandamento di Cuggiono emigravano stagionalmente più di 1500 persone su una popolazione di circa 30 mila abitanti.

Ciò fu conseguenza non solo del particolare regime agrario, della bravura del mestiere, ma, e in primo luogo, del rifiuto di continuare a subire le angherie dei "potenti" a cominciare da un'iniqua legge sulla leva militare obbligatoria che teneva troppo tempo sotto le armi i giovani.

Non è un caso, come è documentato in questo stesso volume dal saggio di Gianfranco Galliani Cavenago, che l'autorità regia e gli stessi sotto prefetti invitino i sindaci della zona a una maggiore vigilanza, visto che la maggior parte delle richieste di espatrio proveniva da giovani in età di leva. Il fenomeno era esploso nel 1888 e si sarebbe protratto fino alla fine del secolo.

E qui la protesta individuale contro una legge ritenuta iniqua e contro condizioni di vita disumane si collega con l'emancipazione culturale, legata alle ancora non molte scuole serali e domenicali, e alla nascita del primo partito politico moderno in Italia: il Partito Operaio Italiano.

 

Non si può comprendere l'affermarsi delle organizzazioni mutualistiche e sindacali dei lavoratori dell'Alto Milanese senza tenere conto delle tipicità della vita sociale.

Gli operai provenivano in gran parte da famiglie contadine e consideravano il lavoro in fabbrica un complemento di quello agricolo. Come già accennato, la maggior parte dei salariati negli opifici serici e meccanici di Rho, Busto, Legnano, Abbiategrasso e Magenta sono contadini-operai. La grande disponibilità di mano d'opera e il lavoro incontrollato a domicilio favoriscono l'isolamento, soprattutto nelle campagne, e frenano il diffondersi delle ideologie associazioniste e socialiste. A ciò si deve aggiungere che gli operai degli anni ottanta dell'Ottocento, iscritti a una società di mutuo soccorso, oltre a essere meno del 5% dei lavoratori della zona, sono qualificati, gelosi del loro mestiere e della loro abilità professionale ed hanno un senso corporativo della solidarietà di classe. Un esempio classico è dato dalle Società di miglioramento e resistenza aderenti alla Centrale muratori di Milano.

Nel circondario di Abbiategrasso vi sono solo due sezioni all'inizio del Novecento: quella di Abbiategrasso, fondata nell'aprile 1896, e quella di Arluno, costituita nel 1905. [5] La realtà del mondo rurale è isolata, salvo rari casi di società di mutuo soccorso, nelle quali accanto alla pietas ambrosiana e alla solidarietà cristiana emergeva un filantropismo di parte dei vari maggiorenti, che speravano così di risolvere la questione sociale e politica dell'emancipazione degli operai e dei contadini.Ma vi è un ma. Infatti, come ho tracciato in una mia ormai lontana ricerca [6] , nasce a Milano, in via San Vittore al Teatro n.3, la lega "Figli del lavoro", che si distingue dalle società di mutuo soccorso perché i suoi soci sono solo lavoratori manuali e perché i suoi fini vanno oltre l'assistenza e il mutuo soccorso e privilegiano l'istruzione popolare, la tutela dei diritti dei salariati e la loro emancipazione sociale.

Il motto dei figli del lavoro, coniato da Costantino Lazzani (1857-1927), uno dei leader del movimento che tiene negli anni ottanta e novanta diversi comizi tra Magenta, Abbiategrasso, Rho, Legnano e Cuggiono, era ispirare agli operai e ai contadini "la volontà" di conoscere le cause della loro miseria, far loro apprezzare l'immensa forza della loro solidarietà, far loro desiderare un avvenire ideale di giustizia e di eguaglianza, gettare le basi di un lavoro metodico e continuo per il miglioramento e l'emancipazione della loro classe [7] .

Per realizzare i loro obiettivi i Figli del lavoro pubblicano a partire dal 29 luglio 1883 il settimanale "Fascio operaio", che nel 1887 veniva distribuito in più di cinquanta copie nel circondario di Abbiategrasso dal "Mefistofele della brughiera", cioè il farmacista di Albizzate e Sumirago, Carlo Montalbetti.

Inoltre il 12 aprile e il 3 maggio 1885 si tenne a Milano il congresso di fondazione del Partito Operaio Italiano che aveva come scopo la difesa dei lavoratori onde giungere ad "organizzare, la falangi del Proletariato ed affratellarle in nome di un unico diritto, il diritto all'esistenza. Il POI profondamente convinto dei bisogni e delle aspirazioni di tutti gli oppressi dal capitale, intende ottenere un reale e positivo miglioramento economico acciò tutti i lavoratori possano raggiungere la loro completa emancipazione. II POI inoltre è assolutamente estraneo ad ogni partito politico o religioso" [8] .

Per merito di Costantino Lazzari, Osvaldo Gnocchi Viani (1837-1917), Giuseppe Croce (1853-1915), guantaio di Somma Lombardo, e Ettore Locamo (1866-1919), operaista gallaratese l'ideologia del POI, fortemente intrisa delle idee anarco-socialiste di Benoit Malon (1841-1893) [9] , le rivendicazioni salariali dei contadini dell'Alto Milanese assunsero le sembianze di lotte per l'ideale e l'emancipazione politica. Così, meno di due mesi dopo la nascita del POI, tra il luglio e l'agosto del 1885, l'Alto Milanese vede iniziare una serie di agitazioni per l'abolizione degli appendizi o "pendizi" (uova, pollame,paglia), delle giornate gratuite di lavoro (le corvèe) sui fondi e nelle case dei proprietari, e per potere vendere direttamente sul mercato i prodotti del proprio lavoro come le "gallette" del baco da seta [10] .

Gli scioperi si ripetono anche nel giugno 1889 con scarsi risultati e l'arresto di "diversi agitatori", poi condannati a pene che variano da 4 mesi a 3 anni di carcere. [11]

La conseguenza è subire o emigrare. E i dati sull'emigrazione temporanea o definitiva lo confermano.

Abbiamo già tracciato in precedenza i flussi migratori verso l'Europa, ma la maggior parte di chi partiva sceglieva di andarsene nelle Americhe.

L'emigrazione transoceanica, che aveva come obiettivo gli Stati Uniti, il Canada, l'Argentina, e in minima parte, il Brasile divenne un "tragico" fatto di costume in queste terre. Si tratta di un fenomeno che è rimasto nella memoria e nella cultura quotidiana dell'Alto Milanese e ha lasciato segni anche nella toponomastica locale come confermano le numerose cascine "americane" e "argentine" presenti nei nostri paesi. In questa Introduzione, visto anche il taglio generale e problematico che si propone, mi limito a tracciare i caratteri salienti di questo fenomeno sociale e umano rimandando agli innovativi studi di Ernesto Milani e Carlo Brusa [12]    e al quadro generale italiano delle ricerche di Emilio Franzina [13] , oltre ai saggi contenuti in questo volume. Sono queste ricerche che hanno il merito di aver dato dignità scientifica e accademica alla storia degli emigranti e di averla sdoganata dalla visione edulcorata dei vari Edmondo De Amicis e delle varie Dante Alighieri.

L'emigrazione verso le Americhe in Lombardia, anche se numericamente fu inferiore a quella di altre regioni del Paese, toccò il suo apice il 1890 e il 1898 con una media di quasi 600 emigranti all'anno dal circondario di Abbiategrasso per stabilizzarsi all'inizio del XX secolo attorno alle trecento unità

Più ancora che i dati statistici ufficiali, la memorialistica personale (ricordi, epistolari, lettere) è significativa per comprendere ruolo e senso sociale ed umani di questo fenomeno che, ancora all'inizio del Novecento ricordava, con gioia o terrore (a seconda della fortuna) Castel Garden, la stazione di arrivo a New York sino al 1892 quando venne aperta Ellis Island [14] . L'America era immensa, altrettanto estesa e misteriosa quanto l'Oceano e perciò i primi pionieri dì quegli anni scrivendo o facendo scrivere a casa spingono i compaesani a dirigersi verso le località, ove loro già risiedono. Così è avvenuto nella maggior parte dei casi pure per gli abitanti di Cuggiono, che si indirizzarono in gran parte verso Plllinois a Joliet e Herrin e soprattutto a Saint Louis, nel Missouri, ove la colonia superò le duecento unità. The Hill (la montagna) divenne un mito per queste terre tanto che ancora oggi vi risiedono quasi settemila persone di origine lombarda e siciliana.

Proprio in concomitanza con questo Convegno è stato distribuito un volume di una studiosa americana, Marie Hall Ets, dedicato a una contadina di Cuggiono, Rosa Cavalieri (1866-1943), che emigrò nel 1884 negli USA, prima a Union e poi a Chicago [15]   . E' la storia esemplare di un'emigrante, le cui memorie sono ormai un classico della storiografia americana sull'emigrazione. Ma ciò che qui più interessa è capire le motivazioni che spinsero persone umili e analfabete a inseguire il sogno di una vita migliore. La riassume efficacemente Rosa nella ricostruzione della sua vita e delle sue svolte quando afferma, riprendendo un detto di Cuggiono: "quando un anno è cattivo e non ci sono né soldi né vino dobbiamo accontentarci di bere acqua e mangiare polenta.

Non si muore è vero, si sopravvive, ma si sopravvive con una fame perenne e con i debiti che contraiamo con i bottegai. Ed allora che resta? Solo l'America".

I racconti di Rosa sono la conferma che l'emigrazione transoceanica divenne un fenomeno sociale quando, lo abbiamo già delineato in precedenza, nell'Alto Milanese vi fo la prima grande crisi di un sistema agricolo, già povero di per sé. Erano gli anni ottanta dell'Ottocento.

La peronospera, l'oidio e la fillossera decimarono le viti; altri parassiti infestano gli alberi di frutta, l'atrofia del baco da seta e le continue invasioni di cavallette, dovuta a una grande siccità, completano l'opera.

I dati statistici dell'andamento climatico mese per mese nell'alto Milanese, registrate dalla Cattedra ambulante di agricoltura di Gallarate tra il 1864 e il 1904 [16] , confermano che il principale nemico degli agricoltori, come hanno dimostrato anche eventi recenti vicini a noi (la grandinata e il nubifragio che da Busto Garolfo e Arconate si sono estese sino al Cuggionese), era la grandine che colpiva mediamente ogni due anni questa terra.

La siccità era presente in particolare nei mesi invernali mentre maggio e giugno erano piovosi. Su una piovosità globale di 950 millilitri (la media nei cinquantenni presi in esame) maggio ne aveva 100, Giugno 82.9 mentre febbraio scendeva a 58.4.

II mese più piovoso in assoluto era ottobre con 120.4, seguito da novembre con 109.4.

Questi dati, collegati all'analisi dei terreni, cioè dei minerali contenuti e della loro resa in raccolti, confermano che questa parte dell'Alto Milanese abbondava di una sola cosa: di acqua. Erano canali agricoli artificiali, creati da Leonardo in poi, e canali naturali a cominciare dal fiume Ticino.

Ebbene queste acque divennero la fortuna, forse l'unica, di questo territorio che si trasformò in un ecosistema naturale e umano, ove uomo e terra erano un tutt'uno, che diede vita alla caratteristica figura del contadino-operaio. In quegli anni le famiglie erano molto più numerose. La media era di otto persone, cioè 6 figli per ogni nucleo. Oggi, invece, la media è scesa a 1.3.

Le mitiche famiglie patriarcali vivevano in quelle grandi costruzioni chiamate cascine con altre famiglie, accomunate dal cortile e da una solidarietà di vita.

Nella quotidianità ognuno, all'interno della cascina aveva un ruolo fosse bambino o anziano. Ciò permise che le braccia migliori, quando si diffuse  l'industrializzazione, lasciassero ai più giovani a ai più vecchi la conduzione normale dei fondi e dei campi e andassero a lavorare negli opifici del Legnanese e della Valle Olona o emigrassero.

Con la costruzione della Centrale idroelettrica di Turbigo si ebbero nuove possibilità di lavoro,unita all'affermarsi della industria meccanica presente a Gallarate, Busto, Legnano e Milano. Ma la fabbrica sogno di queste parti era la Franco Tosi di Legnano, che con l'indotto arrivò ad occupare fino a 14.000 persone [17] .

Non occorre poi dimenticare - è già stato accennato e non voglio soffermarmi più di tanto – la professionalità e il mestiere di badilanti e di esperti nel movimento di terra e materiali degli abitanti del Cuggionese, del Gallaratese e del Magentino, che, proprio per questa peculiarità, quando si dovevano scavare gallerie, costruire infrastrutture, strade, ponti, massicciate ferroviarie gli imprenditori lombardi e stranieri ricorrevano massicciamente ai "fidati artieri del Ticino".

Il caso, forse più noto, fu la costruzione della prima autostrada al mondo, la Milano-Laghi, affidata dall'appena nato regime fascista all'Impresa Puricelli. L'80% delle maestranze impiegate apparteneva alla provincia di Milano. Ma anche in America, negli Stati Uniti e in Canada, non vi fu strada ferrata costruita tra le fine dell'Ottocento e la prima guerra mondiale nella quale non fossero presenti maestranze di questa terra.

Lo stesso discorso può essere fatto per l'Argentina, ove si stabilì una numerosa colonia di robecchettesi. Un libro ricordo di una società operaia di mutuo soccorso, stampato in Argentina e a Caronno Ghiringhello nel 1925, riporta nelle statistiche dei soci, che erano 89, tutti residenti a Buenos Aires nel quartiere Rosario, cioè nella zona del porto sul Rio De La Plata, ben 12 iscritti provenienti da Robecchetto e Inveruno [18] .

Siamo di fronte ad un altro segno chiaro del legame tra bisogno ed ideale nell'emigrazione da queste terre.

Il mutualismo e la cooperazione qui non sono frutto di astratto proselitismo, ma derivano, come già accennato, da un anelito delle anime e dal modo di stare insieme degli abitanti di questo territorio.

E' una tipicità che si consolida con le confraternite religiose che per merito di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, vengono fondate tra il 1570 e il 1582 diffondendo quella mentalità della mutua assistenza nota come pietas ambrosiana, che nella seconda metà dell'Ottocento avrebbe favorito il diffondersi delle ideologie del cooperativismo e dell'associazionismo repubblicano, socialista e, in parte, come abbiamo già sottolineato, operaista.

Facevano eccezione in questo quadro quattro "isole territoriali", ove rara era la figura del contadino operaio, mentre predominava il salariato, che viveva nelle città attorno agli agglomerati industriali come la Franco Tosi a Legnano, la Galdabini a Gallarate e gli opifici serici e cotonieri a Busto Arsizio e nella Valle Olona [19] .

Qui si diffuse la necessità di dare uno sbocco politico all'emancipazione dei lavoratori e si costituirono i primi nuclei del Partito Operaio Italiano, che nel 1892 avrebbero contribuito alla fondazione, a Genova del Partito Socialista dei Lavoratori italiani.

Da qui partirono quegli emigranti che avrebbero fondato con Dino Rondani e Carlo Cianfarra nel 1897 a Philadelphia "il Proletario", giornale settimanale socialista degli italiani in America.

Interessanti gli articoli e le corrispondenze di Giacinto Menotti Serrati (1872-1926), che, da direttore negli anni 1902 e 1903 del periodico nord-americano, mandava all'"Avanti" sull'emigrazione italiana e sulle difficoltà a diffondere il socialismo tanto che le cinque cooperative create a Barre a Northfiel nel Vermont, a Milford nel Massachusset, a Nework nel New Jersey e al Old Forze in Pennsylvania "non hanno alzato bandiera socialista, ma hanno statuti comuni e sono amministrate dai compagni" [20] .

La causa principale era che "per il contadino, il manovale, l'operaio e le donne l'America è un piccolo paradiso: ci trova il full dinner pail e denari abbastanza per vestire i suoi bambini e sua moglie, e ubriacarsi, se crede, tutte le settimane, ed egli è pago e giura di non ritornare mai più nella vecchia Europa a mangiare la natia polenta" [21] .

Infine, in questo profilo, della mentalità e delle caratteristiche degli abitanti di queste plaghe, emerge l'impegno sociale dei cattolici dell'Alto Milanese a partire dal 1878, anno del primo congresso dei cattolici lombardi tenutosi a Bergamo [22] .

Infatti l'Alto Milanese fu il territorio nel quale, andando spesso in contrasto con la dottrina sociale ufficiale della Chiesa di quei tempi, i cattolici che si raccoglievano attorno a don Davide Albertario (1846-1902) e a Filippo Meda (1869-1939), che fu il primo parlamentare cattolico eletto nel collegio di Rho, partecipavano attivamente alla vita sociale, creando numerose società di mutuo soccorso e tutelando lavoro e dignità delle donne impiegate negli opifici tessili, tra i quali le filande Fossati e Bossi di Cuggiono [23] . Ed è proprio a Milano e nell'Alto Milanese che si afferma e consolida il cattolicesimo sociale con la creazione delle prime organizzazioni professionali con finalità non solo caritatevoli, ma in primo luogo culturali e sindacali.

Fra di esse emerse per l'attività economica e previdenziale svolta in queste plaghe il "Piccolo Credito di Rho", banca cooperativa fondata nel 1902, soprattutto per merito del cappellano del lavoro Don Giulio Rusconi ( 1876-1963 ) [24] .

Presso il "Piccolo credito" arrivavano la maggior parte delle rimesse degli emigranti e i capitali venivano reinvestiti per aiutare i soci nella loro attività e nei bisogni della quotidianità [25] .

Con l'aiuto di don Rusconi e l'azione di Filippo Meda, i cattolici, prendevano le mosse dalla denuncia dello sfruttamento cui erano sottoposte le filatrici delle filande nell'Alto Milanese, crearono all'inizio del Novecento le prime leghe di resistenza cattoliche e intervenivano per migliorare i patti colonici [26] .

Ma i tentativi sia delle organizzazioni laiche e socialiste che di quelle cattoliche di migliorare le condizioni di vita e di lavoro a di far emancipare socialmente gli abitanti del nostro territorio cozzavano contro quello che, con la miseria e le carestie, era un vero e proprio flagello: l'analfabetismo.

Quantunque tutti i comuni avessero le scuole elementari, le frequenze degli alunni erano decisamente scarse, soprattutto nei paesi di campagna. I ragazzi andavano a scuola con regolarità solo ad autunno inoltrato, verso fine novembre, spinti dalla famiglia perché vi era la possibilità di avere ogni giorno un piatto di minestra e di stare in luoghi riscaldati.

Appena però arrivavano i primi tepori primaverili attorno alla fine di marzo le scuole si svuotavano.

A casa c'era bisogno anche del lavoro dei bambini per sbarcare il misero lunario.

Da una statistica del 1893 ricaviamo che se d'inverno frequentava il 65% degli iscritti, a primavera la percentuale precipitava al 14-15% con la conseguenza che quasi il 90% degli alunni veniva bocciato alla fine dell'anno scolastico [27] .

La maggior parte di coloro i quali emigrarono non sapeva né leggere né scrivere, come ci indica anche la vicenda di Rosa Cavalleri. Molti dì loro, però, impararono a leggere e scrivere nella "terra promessa" non solo per essere autonomi, ma pure per il forte desiderio di far sapere a casa che si aveva avuto successo, per invitare parenti e amici a raggiungerli, per raccontare la vita in America.

In tutto ciò l'ideale cominciò a diventare qualcosa di meno indistinto e la tutela della propria dignità e la propria visione del mondo divennero gli strumenti che favorirono il nascere e il perpetrarsi di modi di vita originali e diedero luogo a quelle tante Little Italy, delle quali ancora oggi, più di cent'anni dopo, rimangono tracce.

 

 

 


 

(*) Docente di storia delle dottrine politiche Università Cattolica Milano

[1] Cfr. Robertino Ghiringhelli, Aspetti dello sviluppo economico e sociale del circondario di Gallarate dalla fine dell’Ottocento alla prima guerra mondiale, in: “Rassegna Gallaratese di Storia ed Arte”, 1976, pp 41-42.

[2] Arrigo Serpieri, Il contratto agrario e le condizioni dei contadini nell’Alto Milanese,  a cura dell’Ufficio agrario della Società Umanitaria, Milano, 1910, pp 61-62.

[3] Su questi temi: Robertino Ghiringhelli, Aspetti dello sviluppo economico e sociale del circondario di Gallarate, cit; Roberto Romano, La Modernizzazione periferica L’alto Milanese e la formazione di una società industriale, 1750-1914, Angeli, Milano, 1990; Mario Romani, Un secolo di vita agricola in Lombardia (1861-1961), Giuffrè, Milano, 1963.

[4] Società di miglioramento e resistenza con cassa mutua fra i lavoranti muratori di Milano e filiali. Libro ricordo storico. Venti anni di vita della Società, Tip. Degli Operai, Milano, 1906, pp 19-20.

[5] Libro ricordo storico, cit, pp.66;74.

[6] Robertino Ghiringhelli, Momenti di vita sociale nel Gallaratese, in: "Rassegna Gallaratese di Storia ed Arte", XXXV (1978), pp.130 e passim; si veda anche Robertino Ghiringhelli, Associazionismo locale e Stato. La Tipografica, Varese, 1984, pp. 1;4;9.

[7] Cfr. Costantino Lazzari. Memorie. In: "Movimento operaio", luglio-agosto1952, pp. 618-619.

[8] Osvaldo Gnocchi Viani, Il Partito Operaio Italiano 1882-1885, Statuto, art.1, tip. industriale Stefani e Pizzi, Milano, 1885, p146.

[9] Ibidem, Il testo reca, non a caso, un motto di Benoit Malon che recita: “Se non pensano a far da loro, gli operai italiani non saranno mai emancipati".

[10] Maria Grazia Meriggi, 11 Partito Operaio Italiano Attività rivendicativa formazione e cultura dei militanti in Lombardia (1880-1890), Angeli, Milano, 1985, pp.189-194.

[11] Ibidem.

[12] Carlo Brusa – Robertino Ghiringhelli  (a cura di), Emigrazione e territorio: tra bisogno e ideale. Lativa, Varese, 1995.

[13] Emilio Franzina, Stranieri d'Italia. Studisull’emigrazione italiana dal Risorgimento al Fascismo, Odeon, Vicenza, 1994; dello stesso: Merica Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti in America Latina 1876-1902, Feltrinelli, Milano 1979

[14] Ricordiamo il Convegno, coordinato da Ernesto Milani, per molti versi pionieristico: Italiani in America  tenutosi a Gallarate il 14 dicembre 1980.

[15] Marie Hall Ets, Rosa, Vita di una emigrante italiana. Ecoistituto della valle del Ticino, Cuggiono, 2003.

[16] Arrigo Serpieri, Il contratto agrario e le condizioni dei contadini nell’Alto Milanese, cit. p.4 e segg.

[17] Cfr. Pietro Macchione, L'oro e il Ferro, Storia della Franco Tosi, Angeli, Milano, 1987.

[18] Resoconto Storico 1886-1925 della Società di mutuo soccorso fra gli operai e gli agricoltori di Caronno Ghiringhello, Bardelli, Albizzate, 1926; Sul lavoro degli italiani in Argentina si veda inoltre: Emilio  Zuccarini, II lavoro degli italiani nella Repubblica argentina dal 1516 al 1910, Officine grafiche Fosforos, Buenos Aires, 1909.

[19] Pietro Macchione, Una provincia industriale. Miti e storia dello sviluppo economico tra Varesotto e Alto Milanese, vol. II, Lativa,Varese, 1991.

[20] Cfr. Anna Rosada, Serrati nell'emigrazione 1899-1911, Editori Riuniti, Roma, 1972, p.59.

[21] Ivi,p 57.

[22] Prima adunanza regionale cattolica lombarda, in "L’Osservatore cattolico", 5-6 novembre 1878.

[23] Cfr. Spartaco Bassi, Giuseppe Molteni, Le opere di previdenza della Diocesi Milanese, esposizione internazionale 1906, tip. Oliva e Somaschi, Milano, 1906; Ministero di agricoltura , industria e commercio,  Direzione generale della statistica e del lavoro, Le organizzazioni operaie cattoliche in Italia, Officina poligrafica italiana Roma, 1911.

[24] Giulio Rusconi, Il corso di mia vita ed altri scritti, Parrocchia di San Vittore, Rho, 1976; Gabriele De Rosa, Filippo Meda e l'età liberale. La Monnier, Firenze, 1959, p.122.

[25] Faceva concorrenza al "Piccolo credito" di Rho il "Piccolo credito bustese", fondato anch'esso nel 1902 e che nel 1905 aveva una filiale a Cuggiono.

[26] Cfr. Luisa Osnaghi Dodi, L'azione sociale dei cattolici nel Milanese (1878-1904). Sugarco, Milano, 1974.

[27] Leopoldo Sabbatini, Notizie sulle condizioni industriali della provincia di Milano, a cura  della Camera di Commercio di Milano e della Direzione Generale di Statistica, Milano, 1893, pp.399-423.