La tradizione migratoria nel contado di Cuggiono: 

Ercole Belloli, pioniere ed organizzatore del lavoro migrante

 

di Gianfranco Scotti (*)

 

Non è facile per chi sia legato da vincoli familiari tracciare, evitando il rischio di sconfinare nelle gore dell'agiografia, il profilo di un uomo, Ercole Belloli, che ha saputo acquisire meriti non solo all'interno della società in cui è vissuto, operando con lungimiranza, onestà e intraprendenza e con il costante obiettivo di rendersi utile ai suoi concittadini, specie quelli meno fortunati, e al suo paese natio, ha profuso i doni del suo talento e della sua larga generosità.

La figura e l'opera di Ercole Belloli si inseriscono con autorevolezza nel quadro della tradizione migratoria del braccianti cuggionesi, una lunga storia che ha inizio negli anni '50 dell'Ottocento, prima dunque dell'unificazione del Paese. Già nel 1852, nella realizzazione della strada ferrata  Torino-Susa, nel 1854-59 nella costruzione della strada ferrata Vittorio Emanuele in Savoia nel 1859-61 per la posa della strada ferrata Judela-Bilbao in Spagna, furono impiegati, sotto la direzione di Belloli, allora solo nella mansione di capo operaio, maestranze cuggionesi.

Ercole Belloli era nato a Cuggiono il 16 gennaio 1832 da Luigi e da Fiorenza Pinciroli, che morirà poco dopo averlo messo al mondo, ultimo di tredici fratelli.

La famiglia era di origine contadina ma il padre e la madre sono a servizio di una famiglia  nobile del paese, forse gli Annoni, lui in qualità di cocchiere e di domestico, lei di cameriera [1] .

La vita era molto dura in quegli anni del primo Ottocento; la terra era di proprietà di poche famiglie fra le quali i marchesi Clerici di Cavenago, già feudatari di Cuggiono Maggiore, cui perteneva il magnifico palazzo di Castelletto; gli AnErcole Belloli - Foto Gianfranco Scottinoni, conti di Cerro, proprietari della monumentale villa neoclassica opera dello Zanoja; i nobili Marinoni, i Margarita da cui sarebbe uscito Francesco, detto Franz, uno dei Mille di Garibaldi; i marchesi Piantanida e i loro eredi conti Patellani e i Clerici originari di Rovellasca, che risiedendo nel bel palazzetto settecentesco di via S. Rocco, solo omonimi dei marchesi di Cavenago.

Accanto alle poche famiglie di condizione nobile, ai proprietari terrieri  che posseggono la quasi totalità delle terre coltivabili, la maggior parte dei  cuggionesi, dediti alla coltivazione dei campi e alla pesca, conduce una vita di stenti. Come ha scritto Gianfranco Galliani Cavenago nel suo documentato e bel volume sul contado di Cuggiono, "la natura alluvionale del suolo, l'esiguità della cotica colturale, un sottosuolo particolarmente ghiaioso e sassoso, conferivano a questi terreni un'estrema permeabilità. L'incapacità a trattenere acqua e umidità rendeva queste terre molto vulnerabili alle prolungate siccità estive che, quando si verificavano- e nell'800 il fenomeno era molto più visibile che non oggi - gettavano le comunità contadine di questi luoghi nell'avvilimento economico più disastroso. La vigna era una importante presenza nelle campagne di questi luoghi. Nel passato i vigneti dell'alta Lombardia avevano goduto di grande considerazione ed i vini prodotti  erano così apprezzati da essere finanche  celebrati letteralmente. Carlo Porta, quando volle simbolicamente esaltare  agli occhi dell'imperatore il valore delle autonomie lombarde si affidò al  brindisi col vino "della benedetta terra de buscaa, di contorna da Bust"; lodò "quelli de Casten brillant e giusos" ed inneggiò, sottolineandone le virtù " a quij mostos, nett e s'cett de Cassa, de Bust piccol, Parabiagh e Maggenta". [2]  

Ma l'epidemia di filossera della metà '800 tutto avrebbe poi distrutto e i nuovi vigneti faticosamente ricostruiti più non davano la stessa qualità di vino.  Il cuggionese ing. Francesco Clerici, così scriveva nel 1875:

 

 

 i nostri campi erano  letteralmente coperti da una fitta rete di filari di viti, che formavano la cura assidua dei nostri contadini e costituivano il nostro principale prodotto. I vino che si fabbricava, tanto per la quantità, che per la qualità, lasciava nulla  a desiderare; cosa questa che non ha bisogno di dimostrazione in quanto che la gran parte dei nostri lettori se ne  deve ricordare. Nel breve periodo di vent'anni  le cose sono totalmente cambiate. Sospeso ogni refilamento, distrutti quasi tutti i vitigni; vuote e scoperchiate le botti, stanno da più lustri in balia dell'aria e della muffa [3] .

 

 

I cuggionesi, dunque, tiravano la vita con i denti, come si dice con una colorita espressione. L'estrema indigenza in cui versava la famiglia, la perdita prima della madre e nel 1844 del padre, spingono il piccolo Ercole Belloli, dotato di una intelligenza vivissima a dispetto della nessuna educazione scolastica ricevuta, a lasciare il paese natio e a cercare lavoro altrove. Non ha che dodici anni ed è già orfano di entrambi i genitori e la sua prima meta, così tramandano le cronache famigliari, è Milano dove giunge, ignaro della strada da prendere, seguendo il corso del Naviglio Grande, provvisto solo di un bastone al quale aveva legato un fardello che conteneva tutte la sua poche e povere cose. La letteratura e la pittura "larmoyante" dell'Ottocento sono ricche di questi quadri di genere, storie tracciare nel solco di un sentimento che induceva alla compassione e che serviva a sollecitare i moti del cuore del lettore e del frequentatore di mostre d'arte. Ma in tempi di grandi difficoltà economiche come quelli dei primi decenni del XIX secolo, quando nelle campagne lombarde ben si conosceva il morso della fame, episodi come questi non dovevano essere poi così rari. Ercole Belloli a Milano svolge i lavori più umili, così almeno tramanda la cronaca famigliare  e così possiamo pensare, considerando la sua giovanissima età e l'abitudine allora diffusa di impiegare anche  preadolescenti nelle più diverse e faticose mansioni. Da Milano, dopo qualche tempo, raggiunge Genova dove già si trovava un suo fratello. Qui viene assunto da una grande e nobile famiglia, i Doria, in qualità di paggetto della principessa. Redarguito per una grave mancanza, torna a Cuggiono. Ma in questi anni d'assenza e di duro lavoro, assistito da una volontà di ferro, aveva imparato, seppur a fatica, a leggere e a scrivere.  Fra i molti lavori cui si era dedicato da questo momento in poi, sappiamo che si era occupato in una fornace nei dintorni di Cuggiono, dapprima come operaio e poi in qualità di contabile.  Un avanzamento nella scala sociale, e in così breve volgere  di tempo, che testimonia della sua caparbia volontà di affrancarsi da una condizione di miseria che mal si accordava con le aspirazioni  della sua viva intelligenza [4] .

All'inizio degli anni '70 prende avvio in Italia un grande processo di industrializzazione. Va detto però che solo raramente protagonisti di questo processo sono società e industriali italiani.

Come è stato osservato, "il timore dei ricchi italiani di venir meno alla tradizione e di compromettere, così, il buon nome del casato intraprendendo nuove attività", oltre che, si può aggiungere, la difficoltà di disporre di grandi capitali, "favorisce l'affermarsi di industrie condotte da imprese straniere. La produzione del gas è così una industria quasi esclusivamente inglese, la tessitura svizzera o tedesca, le tramvie bErcole Belloli - Foto Gianfranco Scotti elga" [5] .

Ercole Belloli, del quale non ci è dato conoscere con precisione gli esordi di una straordinaria avventura che lo collocherà al  vertice della  aristocrazia industriale postunitaria, capisce che il futuro del Paese è indissolubilmente legato allo sviluppo dei mezzi di trasporto e quindi delle linee tranviarie e ferroviarie. L'ammodernamento del Paese non può che passare attraverso le grandi  realizzazioni  ferroviarie creando un clima favorevole  ed idoneo a esaltare i talenti  imprenditoriali simili a quello del Belloli.

Grandi risorse finanziarie furono infatti  dirottati negli investimenti ferroviari e nello spazio di un decennio (1861-1871), i modesti 2100 km. di ferrovie esistenti prima dell'Unità si estesero ad oltre 6200.  Un grande ruolo in questo potenziamento fu svolto dal gruppo Bastogi a capo della Società Italiana per le strade ferrate meridionali, realizzatrice della Ancona-Brindisi, della Napoli-Foggia e della Napoli-Roma e più ancora dal gruppo Rothschild a capo della Società delle strade ferrate alta Italia [6] .

Ercole Belloli, assistito dal suo straordinario intuito e favorito da un gusto del rischio che è caratteristica precipua in coloro che sanno affrontare con determinazione e coraggio gli incerti della vita, si impegna dunque nel campo delle opere pubbliche, non solo tramvie e ferrovie ma anche ponti e condotti. Ha una esperienza diretta nei lavori di costruzione delle ferrovie. A soli vent'anni, come abbiamo visto, guida un gruppo di operai, fra cui già si trovano dei cuggionesi, nella realizzazione della strada ferroviaria Torino-Modane. Nel 1876 costruisce la linea tramviaria Milano-Monza e del 1877 è la tramvia Cuneo-Borgo San Dalmazzo, affidata all'impresa di cui il Belloli è titolare assieme a Carlo Chiappello, due uomini dipinti da Francesco Ogliari nella sua monumentale opera sui trasporti italiani come "potenti impresari". Dunque nel 1877, a 45 anni di età, il Belloli è già un protagonista sulla scena dei trasporti, ancorché, come sottolinea ancora Ogliari, egli sia alle prime esperienze come concessionario di linee tramviarie  a vapore [7] .

L'anno successivo costituisce una nuova società con la ditta inglese Jay & Co. Di Londra per la costruzione di una tramvia  a vapore a Novara. Si raccontava in famiglia che nel 1877 il Belloli attraversasse un periodo di pesanti difficoltà economiche che spesso ebbe ad affrontare nel corso della sua attività imprenditoriale. Si trovava in quei mesi a Londra, praticamente senza un soldo. Con ciò che gli restava di liquidi, acquistò un biglietto per uno spettacolo teatrale. Quella sera fece la conoscenza del titolare della Jay& Co., e con lui diede vita a una società per la costruzione della tramvia a vapore di Novara. L'episodio, della cui autenticità non possiamo dubitare, la dice lunga sul carattere dell'uomo, combattivo, indomito, fiducioso, pronto a reagire con coraggio alle avversità della vita. Stipula in quegli anni importanti appalti per grandi costruzioni, fra cui nel 1877 il ponte di ferro di Moncalieri e Regina Margherita a Torino. Per quest'ultima opera re Umberto I gli regala un prezioso anello che Belloli porterà sempre al dito  fino all'ultimo giorno di vita. Quindi si dedica alla costruzione della Vercelli-Torino e della Vercelli-Gattinara [8] . La sua impresa ha acquistato largo credito e vi impiega un numero elevato di operai. Non ha dimenticato il suo paese e i suoi compaesani. Ne conosce, per essere stato uno di loro, le fatiche quotidiane nei campi o nelle acque del Ticino, il duro lavoro, la magra vita delle famiglie contadine.

Nella sua impresa egli occupa un prevalenza i cuggionesi che porterà in giro per l'Italia e per l'Europa, affrancandoli da una condizione di mortificazione indigenza e aprendo la strada a una emigrazione temporanea che evolverà di li a poco in una emigrazione soprattutto oltre oceano, alla conquista di un futuro che il proprio paese era in grado di assicurare loro. L'iniziativa imprenditoriale del Belloli costituì per la comunità cuggionese,  prevalentemente composta da poveri contadini, una preziosa opportunità, poi sviluppata e capitalizzata in un lavoro migratorio che divenne cogli anni  sempre più intenso, un lavoro svolto tanto in Italia che all'estero. La strada  aperta da Ercole Belloli aveva portato i cuggionesi nei più lontani paesi del mondo, sia con lui, sia con altre imprese che li assumevano in considerazione della loro riconosciuta abilità nel costruire strade ferrate. Nel 1896 ha luogo la sanguinosa battaglia di Adua che si concluderà con una sconfitta delle truppe italiane. Il 1° marzo 1896, poche ore prima della disfatta, così scriveva il giornale "La Regione Lombarda":

 

naturalmente a Cuggiono si parla molto della guerra d'Africa e con una certa cognizione di causa. Figurarsi se i Cuggionesi non debbono saperne qualcosa dell'Africa! Questi terrieri li trovate. si può dire, in ogni angolo sia pure il più remoto della terra, li trovereste anche nella luna, ove vi si potesse accedere. Gente intraprendente ed ardita, non v'ha opera mondiale di qualche  importanza cui non abbia contribuito il piccone cuggionese. Al taglio di Suez, di Corinto, del Panama, al traforo del Cenisio, del Gottardo, in Asia, nelle Americhe, in Australia e via via, al Congo, al Teanswal, a Saati…sicuro anche a Saati, più di duecento di questi hanno concorso colla loro opera altamente apprezzata ed intelligente alla costruzione della ferrovia Massaua-Saati [9] .

 

Forti della loro perizia ed esperienza, i cuggionesi si riunirono in cooperativa per la realizzazione delle più diverse opere pubbliche con preferenza ovviamente per la posa di tramvie e ferrovie, un lavoro nel quale erano divenuti espertissimi. Sul periodico "La cooperazione Italiana" dell'11 settembre 1897, possiamo leggere un articoletto sulla cooperativa di Cuggiono:

 

desta un vero senso di ammirazione lo spettacolo dei bravi operai, soci della Cooperativa di lavoro in Cuggiono. Addetti ai lavori della sistemazione dei nuovi binari per la trazione elettrica in tutte le vie di Milano. Mentre le arterie della rumorosa città di quasi mezzo milione di abitanti sono in continuo sussulto e che i centinaia di carrozzoni dei tramvai cittadini percorrono in tutti i lati le strade per 15 o 16 ore al giorno e di notte, improvvisano in mezzo al via-vai cittadino, i nuovi binari con una perizia e una sollecitudine da sbalordire.

Tutti sanno che i lavoratori di Cuggiono (la maggior parte dei quali fu addetto ai lavori stradali e ferroviari in ogni parte del mondo) sono dei veri specialisti nel genere; ora dimostrano -oltrechè  di essere periti nel loro mestiere- di essere soprattutto disciplinati e preparati a lavorare sotto la bandiera della cooperazione [10] .

 

Tre anni dopo, nel novembre 1900, sul quotidiano "Il Tempo" si leggeva un articolo dedicato alla Cooperativa lombarda per lavori pubblici ed imprese agricole:

 

si tratta, si dice l'articolista, della Cooperativa di lavoro, produzioni e previdenza detta di Cuggiono, perché un quel paese dell'Alto Milanese che dà forti, laboriosi e intelligenti braccianti alle grandi intraprese in ogni parte del mondo, ebbe inizio ed ha tutt'ora sede. La linea ferroviaria Massaua-Saati, la ferrovia dall'alto al basso Congo, le ferrovie del Gottardo, quelle ungheresi, la Parma-Spezia, i lavori per il canali Villoresi e Cavour, l'opera di difesa delle sponde della Senna, del Danubio, del Tevere, i lavori portuali a Taranto, Spezia e Genova, le fognature di Budapest e di Vienna, si devono in gran parte all'opera intelligente ed aperta dei lavoratori di Cuggiono e paesi limitrofi [11] .

 

Nello stesso articolo è poi precisato che la Cooperativa di Cuggiono contava 600 soci  e circa 600 braccianti. I cuggionesi dunque, avviati dal Belloli alla costruzione di tramvie e ferrovie in ogni parte d'Italia e d'Europa, si erano conquistati la fama di ottimi lavoratori specializzati nel settore.

Nel volgere di circa 40-45 anni (questo è grosso modo l'arco temporale dell'attività di Ercole Belloli) possiamo quantificare in diverse centinaia i lavoratori cuggionesi e dei paesi limitrofi che la sua impresa ha impiegato in Italia e all'estero nella posa di tramvie e ferrovie, nella costruzione di ponti, fognature e delle più diverse opere pubbliche.Cuggiono - Chiesa Vecchia dalla Piazza S. Giorgio e il "Gamba de legn" - Foto Gianfranco Scotti , Museo Cuggiono

Al suo paese fu legato da un affetto profondo, come solo chi si identifica "intus et in cute" con la propria gente può capire e condividere. Diceva: "Hoo giraa el mond e el mond l'è bell, ma quand rivi a Cugion, me se slarga el coeur". Ercole Belloli aveva raggiunto già negli anni '70 una solida posizione economica, pur tra ricorrenti difficoltà finanziarie. Ed è nel suo paese, oltre, che egli vuole continuare a vivere, in mezzo ai suoi compaesani, sempre generoso con tutti, largo di aiuti nel confronti dei più deboli, mai dimentico dei suoi parenti, fratelli, cugini e nipoti che egli beneficò generosamente. La sua bonomia e la sua simpatia erano divenute proverbiali, il suo consiglio ricercato. In una zona allora periferica del paese, acquista una grande casa all'inizio del viale del cimitero; un edificio settecentesco di nobile aspetto alle cui spalle si apre un vasto giardino e un frutteto. Qui, in questa casa che in famiglia sarà chiamata "la cà vegia", egli si trasferisce con la giovane moglie, Mariette Noirat, savoiarda, che aveva sposato nel 1858 a Chambèry, allora ancora facente parte dello stato piemontese. Mariette aveva solo diciassette anni e dal matrimonio non nasceranno figli.

Nel 1879 veniva inaugurata la tramvia Milano-Magenta-Castano e il Gamba de legn, come veniva chiamato, fece la sua prima apparizione nel borgo di Cuggiono.

 

L'impresa costruttrice è naturalmente quella di Ercole Belloli, divenuto ormai uno dei più importanti imprenditori italiani di opere pubbliche. Il Gamba de legn segna un'epoca e la fitta rete di tramvie copre gran parte della regione: 156 Gamba de legn collegano Milano con la Lombardia; 912 sono le Cuggiono - Piazza S. Maurizio - Via Garibaldi e il "Gamba de legn" - Foto Gianfranco Scotti , Museo Cuggiono vetture in servizio nel 1890. Contemporaneamente alla tramvia Milano-Magenta il Belloli realizza  la Casale-Alessandria-Sale. L'impresa è intestata a lui e ad un altro grande industriale, Domenico Bellisomi, col quale Belloli lavorerà alacremente per molti anni. Per questa impresa Belloli e Bellisomi vengono creati dal Re cavalieri della Corona d'Italia [12] . La stampa scrive che "se ancora questi gingilli hanno un valore, lo hanno certamente quando brillano sul petto di due bravi, intelligenti coraggiosi industriali come sono i signori Bellisomi e Belloli". Nel 1886 Belloli realizza la Vercelli-Casale e la stampa scrive "lode va la cavalier Belloli che, dopo aver preso le redini delle Alessandrine e delle Astesi, ha saputo fare un braccio alle società ferrovie di Ticino" [13] .

 

E' in questa occasione che Ercole Belloli inventa lo slogan: "Tramvia significa via del bene" e noi in questa affermazione,  pur nel solco di una retorica inscindibile della realtà di quei tempi, cogliamo la sincera convinzione di un uomo che operava mosso da un entusiasmo che tutto vinceva, nella certezza di concorrere a promuovere il progresso del Paese avviato, dopo l'Unità, ad occupare un posto di rilievo nel consenso degli  Stati d'Europa. 

Di Belloli è stato scritto che fu l'animatore instancabile delle più popolari linee tramviarie di Lombardia e del Piemonte. Difficile tenere il conto delle società da lui fondate, da solo o in collaborazione con altri industriali e tecnici, italiani e stranieri. Nel 1889-90 da vita con l'ingegner Borella alla "Società dei Tramways Vercellesi", ma negli stessi anni Belloli è in Francia, Svizzera, Spagna, Germania a costruire strade ferrate e tramvie, sempre avvPergamena del Comune di Ostellato - Foto Gianfranco Scotti alendosi in prevalenza di maestranze cuggionesi, gli amati suoi compaesani. Nel 1901 completa, dopo difficoltà di ogni genere, la tramvia Ferrara-Codigoro e in questa impresa il personale utilizzato è solo cuggionese [14] .

 

 

 

 

 

 

ll Comune di Ostellato lo nomina cittadino onorario e la Provincia di Ferrara gli offre una pergamena ricordo in cui è scritto:

 

 

 

 

 

 

Mentre  per i fecondi campi  da Ferrara a Codigoro si espande il fumo della vaporiera rassicurando dubbi e trepidanze giunge un pensiero di riconoscenza al   Cav.Ercole Belloli alla cui costanza di propositi     ogni maniera di ostacoli abbattendo debbono tante popolazioni il compimento della grandiosa opera [15]

 

 

 

 

 

 

Cuggiono - Piazza Belloli (ora Piazza Gualdoni) e casa di Ercole Belloli - Foto Gianfranco Scotti

  

Nel 1881, in occasione del già ricordato conferimento del cavalierato, il suo paese, per iniziativa della Società di mutuo soccorso, gli aveva dedicato la piazza in cui sorgeva la sua casa. La piazza era stata realizzata grazie a una donazione di terreni che Belloli aveva fatto al Comune. Era quella una zona del Paese malsana che lo stesso Belloli, a sue spese, aveva risanato, accollandosi anche l'onere della ricostruzione dell'oratorio di S.Majolo che doveva venire demolito nell'ambito del progetto di creazione della piazza, redatto dall'ingegner Francesco Clerici di Cuggiono. Nella lettera che la Società di mutuo soccorso gli inviava in occasione della dedicazione della piazza a suo nome, si legge:

 

 

 

 

 

l'approvazione di tutti accolse il deliberato dell'Onorevole Consiglio Municipale di chiamare Piazza Ercole Belloli quell'area del suolo pubblico che prospetta queste vostre case. Il Sodalizio di cui noi siamo i mandatari avocò a se l'onore di far incidere sul marmo il nome vostro amatissimo, e volle che una tavola marmorea pure attestasse di quell'atto solenne in forza del quale sarete ricordato anche da generazioni venture.

E ciò non solo perché il nome vostro, o Egregio Signore, a noi ed ai nostri figli rammenterà che un giorno in grandissima parte per opera di Voi, Cuggiono può compiacersi di vedere trasformata in una vasta e salubre piazza la meno bella delle sue zone, la dove i miasmi di una gora c'insidiavano la salute; - che Cuggiono proclamò Voi benemerito perché ben tutelasse in molteplici occasioni interessi di suprema importanza, ma ciò soprattutto perchè il nome vostro come una voce amica dirà perennemente ai proletari "abbiate fede nel vostro avvenire, coll'energia del volere si può dalle zolle della gleba a dall'officina assorgere a migliori destini e procurarsi perfino la più nobile, la più viva delle soddisfazioni, quella d'aver fatto del bene alla terra che ci ha veduti nascere".

A memoria d'uomo mai figlio delle proprie opere ebbe in questa borgata l'ineffabile gioia di raccogliere un largo tributo d'amore e d'onoranza al pari di voi. [16]

 

 

Foto Gianfranco Scotti

 

 

 

 

 

 

E nella bella pergamena che un comitato di cuggionesi gli dona, elegantemente decorata, sono scritte queste parole che, di là dell'immancabile retorica del tempo, noi avvertiamo come dettate da autentici sentimenti di gratitudine nei confronti di un uomo che tanto aveva contribuito al benessere dei suoi concittadini:

 

 

 

 

 

 

 

A chi è strenuo e vittorioso combattente nelle lotte d'una vita laboriosa il più gradito dei conforti è il plauso della terra che l'ha veduto nascere. Questa dolcissima delle consolazione tocca oggi a voi che per sola virtù propria siete sorto ad onoranza fra i concittadini.

Cuggiono, dopo avervi seguito sempre con occhio amoroso, unanime si compiace nel vedere brillare d'insolito splendore la croce di cavaliere sul vostro petto e vi addita agli altri suoi figli come nobilissimo esempio di quanto possa la costanza nel volere, l'intelligenza operosa ed intraprendente affratellate alla modestia ed alla bontà dei cuore [17] .

 

 

a ciò che più testimonia dell'affetto e della riconoscenza della sua gente è un'altra pergamena nella quale i cuggionesi che hanno contribuito a sostenere le spese per i festeggiamenti promossi in onore di Ercole Belloli, si sottoscrivono specificando accanto al nome la loro condizione. Oltre ai maggiorenti del paese, come l'ing. Francesco Clerici, l'ing. Paolo Scotti, Luigi Bossi, Carlo Borghi, l'ing. Ernesto Baffa, il farmacista Eugenio Lucini, l'arciprete Francesco Castelnuovo, il farmacista Giudeppe Baj, noi leggiamo le firme, oltre cento, di gente comune, come Giuseppe Calcaterra, pescatore; Melchiorre Demattei, contadino; Carlo Moroni, oste; Luigi Carnaghi, contadino; Giacomo Calcatera, muratore; Domenico Berra, camparo; Carlo Crespi, portalettere; Angelo Pagani, carrettiere; Antonio Pagani, salsamentario; Giovanni Calcatera, falegname e decine di altri cuggionesi che dimostravano così il loro  affetto e la loro gratitudine nei confroCuggiono Via Garibaldi - ingresso di Villa Belloli poi Villa Scotti - Foto Gianfranco Scotti nti di un uomo che era uno di loro, che la fortuna e l'ingegno avevano condotto ad occupare un posto di prestigio nella società, ma che mai aveva dimenticato il suo paese, la sua gente, prodigandosi per loro fino agli ultimi giorni di vita.

Nel 1884, al culmine del successo e delle fortune finanziarie, il Belloli vuole anche tangibilmente sottolineare lo stato cui era pervenuto in lunghi anni di indefesse attività industriali, con l'erezione nel suo paese di un villa di campagna. Amante del convivio e delle allegre brigate, concepisce la sua nuova casa soprattutto come luogo in cui invitare i molti amici che egli contava nella Milano imprenditoriale d'allora. Acquista dai nobili Calderari, eredi di Patellani, un vasto appezzamento sulla strada per Inveruno e incarica del progetto l'ingegner Paolo Scotti, cuggionese, che realizza con villa Belloli l'opera sua più significativa ed originale. Insolito il disegno della costruzione che si rifà, nell'eclettismo imperante del secondo Ottocento, allo stile lombardo del Rinascimento, non senza richiami all'architettura del secondo Impero francese.

Il punto focale di questa elegante e ricca architettura era il salone da ballo ottagonale in cui  convivevano i revivals del Luigi XIV e le grottesche pompeiane del soffitto a volta, splendidamente affrescate da Mosè Turri, appartenente alla nota dinastia di pittori e frescanti legnanesi. Nel vasto giardino si trovavano anche l'edificio della portineria con le sottostanti scuderie e, dietro la villa, la serra dai grandi tipici finestroni. Un vasto frutteto si stendeva sul retro di villa Belloli, un edificio di raffinata eleganza purtroppo scomparso da oltre trent'anni, nel salone, nel quale sotto la volta si apriva una finestra dorata a livello della camere della servitù dove si disponCuggiono - Villa Belloli poi diventata Villa Scotti - Foto Gianfranco Scotti , Museo Cuggionoevano gli strumentisti, gli ospiti ballavano i valzer e le mazurche dopo  aver cenato nel sottostante salone da pranzo, rallegrato da statue e giochi  d'acqua. Gli amici del Belloli, così racconta ancora la tradizione di famiglia, giungevano a Cuggiono, col Gamba del legn che poi, pensiamo con una corsa  fuori ordinanza, ritornava a Milano alle prime luci dell'alba. Alla felicità di quest'uomo probo e ricco di umanità mancava solo la gioia di un figlio che il destino non aveva voluto donargli. Ma quando il fratello di sua moglie è costretto da una grave  malattia della sua sposa a separarsi dalla bimba in tenera età tenendo accanto a sé il solo figlio Paul, Ercole Belloli non esita ad accogliere in casa sua, a Milano e a Cuggiono la nipotina Claudine Noirat, alla quale lascerà morendo nel 1916, all'età di ottantaquattro anni, ogni suo avere. Claudine aveva sposato nel 1899. Gianfranco Scotti, avvocato, figlio di Paolo, l'ingegnere che aveva progettato villa Belloli che in tal modo passò in casa Scotti e con questo nome ancora vive nel ricordo dei cuggionesi più anziani.

Negli ultimi decenni dell'Ottocento, Belloli realizza ancora importanti opere come, nel 1889, la tramvia Cremona-Ostiano, nel 1890 la strada ferrata Biella-Vercelli  e la Monza-Bergamo; nel 1893 la tramvia elettrica Piazza Duomo-Sempione a Milano e nello stesso anno la tramvia elettrica Milano-Musocco [18] .

Nel 1898, poi, veniva costituito un Comitato per la costruzione della tramvia a vapore Gallarate-Lonate Pozzolo-Castano, un'opera che non verrà mai realizzata. Per Cuggiono fanno parte del Comitato il sindaco Bossi, l'assessore Margarita, l'ingegner Paolo Scotti e Ercole Belloli, già da alcuni anni consigliere comunale di Cuggiono [19] .

Nel 1887 veniva ultimata la costruzione del nuovo ponte di ferro a Turbigo ed aperta così la linea ferroviaria Novara-Saronno-Seregno. Stupisce  che il nuovo collegamento ferroviario, così determinante per lo sviluppo economicCuggiono - Villa Belloli poi diventata Villa Scotti - Foto Gianfranco Scotti , Museo Cuggionoo della zona trascurasse il borgo di Cuggiono, capoluogo di mandamento. Si disse che fossero i cuggionesi stessi, intendendo per cuggionesi chi aveva voce in capitolo, ossia i grandi proprietari, a non volere la ferrovia, decidendo così del destino del loro paese la cui importanza cominciò da allora a declinare  a vantaggio di comuni vicini toccati dalla strada ferrata, come Castano e Turbigo. E tutto ciò è tanto più singolare se si pensa che Cuggiono aveva scritto non poche pagine della storia italiana, europea ed anche extraeuropea dei trasporti ferroviari e tramviari attraverso la figura e l'opera d Belloli e di un gran numero di suoi compaesani impegnati in grandiose realizzazioni sulla strada del progresso.

 

Possiamo solo immaginare la delusione del Belloli nel constatare come proprio il suo paese fosse stato emarginato e non partecipasse perciò dei vantaggi che il nuovo collegamento assicurava ai centri  attraversati di binari della linea ferroviaria. Vi sono nella vita degli uomini incongruenze di cui ci sfuggono le motivazioni e le dinamiche, incongruenze che sono certo da ricondurre più alla scarsa lungimiranza degli uomini che alla imprevedibilità del caso. E' invece grazie a figure come Ercole Belloli se il nostro Paese, ancora di economia prevalentemente agricola, riuscì a costruirsi un futuro  nel solco di quel progresso al quale aveva aperto le porte il perfezionamento della tecnologie nei più diversi ambiti del lavoro umano. Uomini lungimiranti, pronti al rischio e a pagare di persona, animati da un entusiasmo vissuto con intensità di fede nelle "magnifiche sorti e progressive", fondatori di imprese in alcuni casi ancora oggi sulla scena e il pensiero corre ai Pirelli, ai Falck, ai Marelli, ai Ponti, anch'essi di origini familiari oscure e modeste che con la sola forza di una volontà ferrea e di un ingegno eccezionale riuscirono a condurre il Paese sulla strada di una industrializzazione che ne mutò in poche decenni il volto e la compagine sociale.

Cuggiono , monumento di Ercole Belloli- Foto Gianfranco Scotti

La grande tradizione migratoria del Cuggionese si dipana come una lunga storia di sacrifici, un'epopea che non è stata forse finora indagata e approfondita a sufficienza. L'opera di Ercole Belloli ha certo rappresentato un momento importante di questa storia. Grazie anche a lui e al suo entusiasmo, alla sua intraprendenza, alla sua lungimiranza, i cuggionesi hanno cominciato a precorrere le vie del mondo in cerca di un futuro migliore. E l'affetto di cui è stato circondato dai suoi compaesani nel corso della sua lunga e laboriosa vita è la testimonianza della  gratitudine e dell'alta considerazione dei cuggionesi per un uomo che avvertivano come uno di loro, sollecito del bene comune, generoso sempre verso i   più deboli e bisognosi.

 

La vicenda umana di Ercole Belloli si conclude nel 1916, a guerra già iniziata. Non vedrà gli orrori del conflitto, né assisterà ai sommovimenti sociali che ne conseguirono. La sua epoca, quella passata alla storia con nome Bella Epoque, tramonta assieme a lui, alla sua uscita di scena e il ricordo di un uomo di così larghi meriti che ha lasciato un'orma profonda nella storia non solo del suo paese ma in quella della intraprendenza industriale italiana, inesorabilmente trascolora fino a mutarsi in oblio. La piazza che i suoi cuggionesi gli avevano dedicato ha cambiato nome, ingiustamente a  nostro giudizio, e di lui altro non resta che il bellissimo monumento al cimitero, opera insigne di Enrico Cassi, valente scultore milanese.

 

 

 

 

In primo piano l'allegoria del lavoro con l'uomo discinto seduto su un'incudine. 

Nel bassorilievo vediamo Ercole Belloli mentre dirige i lavori per la posa dei binari di una ferrovia .

Sullo sfondo passano  dei vagoni ferroviari che stanno entrando in una galleria  scavata nella montagna. Alcuni operai, uno con la mazza alta nella mano, stanno fissando al suolo i binari. 

Quegli operai sono cuggioneCuggiono , particolare del monumento di Ercole Belloli - Foto Gianfranco Scotti si che il Belloli aveva portato con sé in Italia e nelle contrade d'Europa a costruire strade ferrate, sono quei compaesani, contadini e pescatori, le cui condizioni di vita egli aveva grandemente contribuito a migliorare.

 

 

 

 

E la possente statua virile in primo piano che contempla la scena sembra esprimere, con allegorica intensità, la vita onesta consumata nel lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


(*) Rivista di studi storici di Lecco

[1] Un profilo di Ercole Belloli è in: Gianfranco Scotti, Flavia Scotti nata Castiglioni (1821-1905) la sua famiglia, la sua vita i suoi tempi, Lecco 1980, pp. 67-69.

[2] Gianfranco Galliani Cavenago, Quando il paesano rifiutò il pendizio.Il ruolo della cooperazione nella trasformazione del contado di Cuggiono (1860-1915), Angeli, Milano 1999,  pp. 10-11; Carlo Porta, Le poesie, Feltrinelli, Milano, 1976, vol. I, pp 238, 250, 252.

[3] Francesco Clerici, La viticoltura nel mandamento di Cuggiono, Bullettino dell’agricoltura, Organo della Società agraria di Lombardia, del Comizio e del Consorzio agrario di Milano, 1 luglio 1875.

[4] Gianfranco Scotti, Flavia Scotti nata Castiglioni, cit. pp 67-69.

[5] Francesco Ogliari, Franco Sapi, Scintille tra i monti Piemonte Valle d’Aosta, in Storia dei trasporti italiani, Vol.I, Milano, 1968, p 110.

[6] Cfr. Gino Luzzatto, L’economia italiana dl 1861 al 1894, Einaudi, Torino, 1968, pp 109-112.

[7] Francesco Ogliari, Franco Sapi, Scintille tra i monti, cit. pp 109-112.

[8] Archivio famiglia Scotti,  Fondo Belloli, Cuggiono-Lecco, Attestazione di Antonio Comi intorno ai lavori eseguiti da Ercole Belloli, 27 giugno 1904.

[9] La Regione lombarda, 1 marzo 1896.

[10] La Cooperativa di Cuggiono, in: La Cooperazione italiana, 1 settembre 1897

[11] Il Tempo, 21 novembre 1900.

[12] Archivio famiglia Scotti, fondo Belloli, Cuggiono-Lecco, Lettera della Segreteria particolare di S.Maestà il Re al Cav.Ercole Belloli, 4 agosto 1880.

[13] Francesco Ogliari Franco Sapi, Scintille tra i monti, cit. p 140 e p 210.

[14] Archivio famiglia Scotti, Fondo Belloli, Cuggiono-Lecco, Contratto per la costruzione e dotazione della linea tranviaria a vapore Ferrara-Codigoro, 5 maggio 1898

[15] Ibidem

[16] Ivi, La Società di Mutuo Soccorso fra gli operai e i contadini di Cuggiono al Cav. Ercole Belloli, 9 ottobre 1881

[17] Ivi

[18] Ivi, Attestazione della Società Edison sui lavori eseguiti dal Cav. Ercole Belloli, 27 giugno 1904

[19] Archivio del Comune di Cuggiono, cartella 68