Il campo minatori di carbone sta lentamente tornando alla natura e si porta appresso un’altra storia sconosciuta di casa
nostra.
Lo
Utah è uno degli stati più interessanti dell’Ovest americano e lo
ricordiamo soprattutto per la presenza dei discendenti di Joseph Smith della
Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni o più semplicemente
Mormoni. I quali, appena arrivati nel 1847 intorno al Gran lago salato si
accorsero della mancanza di legname e di combustibile per la loro
sopravvivenza, all’uopo dovettero andare molto a sud nella zona dell’attuale
Carbon County, dove già nel 1849 scoprirono depositi di carbone che
attrassero in breve tempo minatori da ogni parte, che popolarono in fretta
tutta l’area. La richiesta di manodopera non qualificata da adibire ai
lavori manuali sulla ferrovia e quindi nelle miniere di carbone indusse i
proprietari delle varie imprese a fare opera di reclutamento in Europa e fu
così che cominciarono i primi arrivi di austriaci (compresi i trentini che
erano ovviamente qualificati come tali) finlandesi, greci e italiani sia del
sud sia del nord, oltre che da gruppi dai Balcani, Cina, Giappone e Messico.
Ad
un centinaio di chilometri da Salt Lake City, vicino a una formazione rocciosa
a forma di castello, crebbe invece il campo minerario di Castlegate in seguito
all’apertura della ferrovia Denver Rio Grande Railroad. Nel 1886. Castlegate
era una company- town (una specie di Crespi d’Adda o Campione del Garda)
ovvero una città di proprietà della Utah Fuel e Denver Rio Grande Railroad.
Questa particolarità concedeva il controllo totale da parte della compagnia
mineraria nei confronti dei lavoratori. Nessuna assicurazione in caso d’infortunio
e diritto di abbassare o alzare le paghe a piacimento. Obbligo d’acquisto
nel magazzino della compagnia che praticava prezzi esosi. Nessuna possibilità
di avere un sindacato. Anno 1903. Libertà assoluta di importare crumiri
liberi di occupare le case dei minatori in sciopero sotto la protezione di
centinaia di uomini armati Legge marziale per proteggere i crumire dagli
scioperanti e miliziani della compagnia che sparavano da un blindato che si
muoveva su rotaie fisse. Nuovi migranti compresi gli italiani abusati più di
altri.
Mormoni
e bianchi bianchi che si sentivano più protetti in quanto controllavano la
chiesa e il governo. Nessuna tolleranza razziale o religiosa. Sarebbero
arrivate molto più tardi con il cambiamento radicale nella vita delle miniere
dove le macchine avrebbero avuto finalmente un peso maggiore dell’uomo.
Disastri minerari che incutevano paura.
Ai
turisti e agli amanti dei film western lasciamo l’apprezzamento degli
immensi spazi e degli straordinari scenari della Monument Valley che variano
dal deserto rossastro alle foreste di conifere che furono necessarie alla
costruzione della nuova nazione sognata da Joseph Smith.
Gli
agenti delle compagnie di navigazione e delle miniere raggiunsero anche l’Alto
Milanese.
Tra
gli aspiranti minatori ci fu Francesco Lattuada.
Francesco
Lattuada era nato il 1 luglio 1867 e non aveva certamente una grande idea dell’America
quando lasciò la natìa Magnago in provincia di Milano nel 1885. diretto in
Pennsylvania. Si sa poco di questo suo primo periodo, ma il figlio Frank
raccontò che a Castlegate il padre faceva ancora lo scavatore o pick miner
quando la corte di giustizia dello Utah gli conferì la cittadinanza americana
in data 12 giugno 1899. Per motivi di pronuncia semplificò il cognome in
Latuda che tra l’altro è un cognome ungherese. Qui nel 1901 era attestato
un gruppo da Turbigo, provincia di Milano, almeno una ventina di migranti che
lavoravano nelle miniere di carbone, gestivano saloon e facevano anche la
spola con le miniere di Dawson nel New Mexico: Sainaghi, Poretti, Bonza,
Branca, Colombo, Merlotti che, salvo i Bonza, non sono più presenti nello
Utah. Castlegate è curiosamente famosa per l’assalto alla scorta che
trasportava le paghe della Pleasant Valley Coal Company da parte della banda
di Butch Cassidy che fruttò loro circa 7,000 dollari in oro. Nel 1903 la
vicina Helper invece fu teatro di scioperi a causa dei soprusi delle compagnie
come la riduzione delle paghe, dove fu presente la famosa sindacalista Mother
Jones. Durante gli scioperi fu ospitata proprio dagli italiani e con lei
incapparono in un arresto di massa che coinvolse 120 persone, molte delle
quali non poterono più tornare a lavorare per la compagnia mineraria. Ai
primi del Novecento il Latuda partì per Dawson nel New Mexico dove erano
state aperte altre miniere di carbone e dove c’erano altri lombardi da
Turbigo (alcuni di loro perderanno la vita nel 1913 e nel 1923 in seguito ad
esplosioni in miniera) e vi restò almeno fino al 1910. In quell’anno fu
raggiunto da Rosa Scampini da Bienate che divenne poi sua moglie. Rosa arrivò
il 4 giugno 1910 a New York a bordo della nave Savoie. I due soggiornarono per
alcuni giorni nel tristemente famoso hotel Bartini al numero 154 di Bleecker
Street di New York. Latuda si trasferì quindi a pochi chilometri di distanza
a Trinidad nel Colorado, altro importante centro del bacino carbonifero, dove
nacquero poi i figli Frank, Robert, Alexander, Saul e Charles, tuttora
vivente.
Nel
1914 Frank Latuda si associò al vecchio amico Frank Cameron; insieme
cominciarono l’estrazione di carbone in una località desolata ad una decina
di chilometri dall’imboccatura dello Spring Canyon che parte da Helper, una
cittadina situata a circa 190 chilometri da Salt Lake e si snoda fino ai 2.100
metri di altitudine della miniera. La miniera si trovava in un sito scosceso,
ma una serie di vagoncini di legno trasportava il minerale con una specie di
tram verso la ferrovia sottostante.
Nel
1917 Latuda scoprì un nuovo deposito sul fondo del canyon che semplificò di
molto le operazioni. Memore forse dei disagi subiti da minatore fece
installare, primo nello Utah, un trasportatore meccanico e un impianto di
pulitura ad aria e sabbia. Ben presto sorse un campo minerario chiamato
Liberty dal nome della compagnia Liberty Fuel Company che Latuda aveva fondato
sei anni prima. Con Frank Cameron e altri. Il campo prese consistenza e crebbe
con l’apertura di negozi, saloon e scuola. Nel 1923 fu inaugurato l’ufficio
postale e Liberty fu ribattezzata Latuda in onore del suo fondatore. Il campo
con le sue belle casette allineate ebbe una popolazione fluttuante di 300-400
persone con un centinaio di minatori. La miniera alla base era considerata una
delle più sicure dell’ovest. Con un soffitto di roccia naturale di quasi
venti metri che pareva cemento. I problemi derivavano piuttosto dalle slavine
che in più di un’occasione causarono morti e danni alla ferrovia per il
trasporto del carbone e dalla mancanza di acqua che doveva essere trasportata
da Helper.
Latuda
era una delle attività dirette da Frank dal suo centro operativo di Trinidad
nel Colorado a poche decine di chilometri da Dawson nel New Mexico. La Liberty
Fuel Company aveva il quartiere generale a Salt Lake City e a Latuda il
controllo era demandato al superintendente George Shultz. Frank aveva poi
interessi in vaste aziende agricole sia in New Mexico sia in Colorado.
Nel
1922 Francesco Latuda fece il viaggio in Italia con la famiglia al completo.
Era un americano che era riuscito a fare fortuna. La vulgata locale lo ricorda
ancora adesso come un avventuriero che aveva vissuto vicino agli indiani di
Taos nel New Mexico e che aveva preso possesso di una miniera di carbone a
cielo aperto riscattando dei crediti di gioco. Aveva quindi richiamato molti
compaesani e formato un villaggio chiamato Latuda Town dove si può ancora
parlare l’autentico dialetto di Magnago. A parte il villaggio di Latuda, il
resto non è stato ancora documentato.
La
leggenda circonda spesso gli avvenimenti lontani. In realtà Latuda era un
personaggio che aveva lottato duramente per affermarsi e aveva la riconoscenza
della comunità italiana dell’Ovest americano. La sua biografia, inserita
nel volume Italian Activties of the Imtermountain Region, è la storia del
self-made man che riesce a superare tutte le difficoltà con tenacia senza
dimenticare chi non era riuscito nel medesimo intento. Il libro stava per
andare in stampa quando Frank Latuda morì improvvisamente il 10 maggio 1931 a
Napa in California in seguito ad un’operazione per appendicite acuta. Si
trovava a Boyes Hot Springs per il convegno annuale della Retail Fuel
Asscociation. I solenni funerali ebbero luogo a Trinidad con la più grande
partecipazione della comunità italiana e americana in quanto persona nota e
rispettata da tutti.
La
miniera di Latuda continuò le sue operazioni ma nel 1954 restavano soltanto
20 famiglie e il medesimo declino toccava agli altri insediamenti dello Spring
Canyon. Nel 1966 la compagnia sigillò l’entrata della miniera e Latuda fu
consegnata alla storia.
L’intera
vallata stava per diventare una località fantasma dove la natura avrebbe
ripreso il sopravvento.
Latuda
oggi è davvero una località fantasma. Un video amatoriale che ha come
protagonista Frank Latuda jr girato nel 1990 poco prima della sua morte, ci
mostra una valle deserta dove sono visibili soltanto i segni di un passato
recente, ormai perso. Frank jr descrive chi e che cosa c’era, ma in realtà
non c’è più niente. Restano impavide le strutture in pietra costruite con
abilità dai muratori italiani soprattutto trentini nonostante le manomissioni
e le distruzioni. L’ufficio della compagnia è stato abbattuto e restano
soltanto le macerie.
Come
capita a volte la gente mormora e si racconta che Latuda è abitata dallo
spirito di una "Signora in bianco" che si aggira per le rovine nelle
notti di luna piena. Le versioni sono infinite e anche precedenti il
decadimento del posto. Sembra fosse la moglie di un minatore ucciso da un
masso oppure la madre di un bimbo lasciato a casa incustodito e morto sotto
una valanga mentre la mamma faceva la spesa. Cosa che l’aveva spinta al
suicidio. Altri sostengono con insistenza che sia la moglie di un minatore
morto in un incidente e mai indennizzata che scorrazza intorno all’ufficio
della miniera. E così via.
Lascio
la chiusura a un passaggio tratto dalla biografia di Frank Latuda scritta nell’italiano
coloniale del 1930: "Perché non si può fare a meno di voler bene a
Frank Latuda. Pur nella sua conquista e alta posizione sociale e finanziaria,
egli è rimasto semplice e sincero. Tanti che hanno delle posizioni assai più
modeste di quella del Latuda fanno la ruota come i pavoni e non si accorgono
dell’aureola di ridicolaggine di cui si circondano. Nulla di tutto questo
nella bonaria, paterna figura di Frank Latuda. Nessuna aria di superiorità,
nessun atteggiamento di grandezza, nessun neo che guasti l’armonica
conformazione del suo carattere".
Ernesto
R Milani
16
agosto 2006