DOSSIER - INQUINAMENTO NEL TICINO

Milano, 7 maggio 2004

ACQUE LURIDE IN TICINO: DA TRE ANNI SOTTO GLI OCCHI DELLA REGIONE E DEGLI ENTI LOCALI PROSEGUONO CON CONTINITA’ GLI SVERSAMENTI NEL 'CANALE MARINONE'

Il torrente Arno è un corso d’acqua un po’ strano, perché non ha una foce, ma, dopo aver attraversato l'alta pianura varesina, si interrompe nelle campagne di Castano Primo, in provincia di Milano, dove i suoli ghiaiosi lasciano percolare le acque che raggiungono la falda. Questa stranezza in passato non era un problema, perché le scarse portate del torrente venivano completamente smaltite dai suoli. Il problema è sorto nella seconda metà del secolo scorso (già negli anni '70 la Provincia di Milano arrivò a pensare ad un progetto di realizzare un 'muro' per impedire all'acqua del torrente di 'sconfinare' dalla provincia di Varese!), aggravato dal crescente inquinamento delle acque e, in seguito, dall'immissione dello scarico del depuratore di Sant'Antonino, con il conseguente aumento di portata, che ha fatto sì che l’area ‘di spagliamento’ del torrente si sia progressivamente ampliata nel corso degli anni ’80, formando una vasta palude di liquami a ridosso del canale Villoresi, fino a minacciare di allagamento la periferia di Castano Primo. Erano gli anni ‘80 quando si incominciò a parlare di scaricare nel Ticino, o nel naviglio Grande (che qui scorre parallelo a poche decine di metri dal fiume), le acque del depuratore di Sant’Antonino (frazione di Lonate Pozzolo), le cronache ci dicono che già nel 1986 partiva la prima raccolta di firme contro questa ipotesi, da parte del ‘comitato tutela ambiente e salute’ di Turbigo.

Il depuratore , gestito dal consorzio per la tutela, risanamento, salvaguardia di Arno Rile e Tenore (che d’ora in avanti per brevità chiameremo Consorzio di Depurazione), riceve acque reflue da collettori fognari provenienti da oltre 25 comuni varesotti, tra cui Gallarate e Busto, e dall’aeroporto di Malpensa, per scaricare acque trattate nell'Arno: un rigagnolo pesantemente inquinato a causa di numerosi scarichi industriali (regolarmente autorizzati dalla Provincia di Varese!) che ancora oggi vi recapitano acque non trattate.

Per risolvere questo problema e bonificare le aree impaludate, nel 1998 venne siglato un accordo di programma ‘per il risanamento e la sistemazione idraulica delle aree allagate dalle acque del torrente Arno’.

Attori dell’accordo sono:

- la Regione Lombardia (assessorato all’ambiente)

- le Provincie di Varese e di Milano

- i comuni di Castano (MI), Lonate Pozzolo (VA), Nosate e Vanzaghello (MI)

- il parco della Valle del Ticino

- il Consorzio di Depurazione

- il consorzio di bonifica Est Ticino – Villoresi (gestore dei canali irrigui)

In breve, l’accordo di programma, finanziato con risorse del Ministero dell’Ambiente, dell’Autorità di Bacino del Po e della Regione per un ammontare di circa 75 miliardi di lire, prevedeva:

- il miglioramento della qualità delle acque depurate, attraverso un trattamento di disinfezione (con raggi UV) per abbattere i coliformi e uno di affinamento fitodepurativo

- la sottrazione all’Arno delle acque in uscita dal depuratore, da destinare ad utilizzo agricolo (in estate) e al canale industriale che alimenta la centrale di Turbigo e confluisce nel Naviglio Grande

- la deviazione dell’Arno entro tre bacini artificiali per lo ‘spagliamento controllato’ in falda delle acque, che solo in caso di piene eccezionali avrebbe dovuto tracimare nel Ticino attraverso una apposita canalizzazione con recapito in un pregiato ramo secondario del fiume, il ‘canale Marinone’, all’interno di una vasta riserva naturale.

- la bonifica dei terreni paludosi, una volta prosciugati, e il loro rimboschimento

Complessivamente gli interventi programmati erano validi, ed erano previste anche adeguate cautele per scongiurare la contaminazione delle acque di Ticino e Naviglio Grande: l’accordo infatti affermava a chiare lettere che ‘l’attivazione della condotta per lo scarico delle acque trattate al fiume Ticino attraverso il Canale Industriale potrà essere effettuata solo a seguito dell’ultimazione e verifica di efficienza delle unità di affinamento depurativo (UV e fitodepurazione)’.

Un buon punto di partenza, che però non considerava adeguatamente due aspetti:

- la cattiva qualità delle acque del torrente Arno, legate alla presenza di scarichi industriali non trattati, responsabili fra l’altro di inquinamento da arsenico pentavalente e altri metalli pesanti

- le responsabilità della gestione e manutenzione ordinaria delle opere una volta completate.

Ciononostante, secondo i tempi previsti, entro il dicembre 2000 avrebbe dovuto essere ultimato l’impianto di disinfezione a raggi UV, entro il 2001 avrebbe dovuto essere realizzato il collettore per portare le acque del depuratore al canale industriale (le opere di collegamento alla rete irrigua invece erano già esistenti ed era richiesto il solo collaudo) e la deviazione dell’Arno nelle vasche di laminazione controllata, ed entro il 2002 tutte le opere avrebbero dovuto essere ultimate… se tutto fosse filato liscio.

Già 6 mesi dopo la ratifica dell’accordo di programma, nell’aprile ’99, si segnalavano i primi ritardi, ma si può parlare di un ritardo ‘fisiologico’ legato all’avvio delle procedure di assegnazione. Nel frattempo l’acqua delle paludi continua ad avanzare, complice l’attivazione dell’aeroporto internazionale di Malpensa, e il comune di Castano preme per l’accelerazione delle opere. I ritardi iniziano a diventare gravi per quanto riguarda l’affinamento depurativo, condizione per poter gestire gli scarichi del depuratore verso la rete irrigua. Ferme anche le opere per collettare le acque depurate verso il canale industriale.

Tuttavia i lavori procedono per quanto riguarda la parte idraulica, e si annuncia che a marzo 2001 le vasche per lo spagliamento dell’Arno saranno pronte ad entrare in funzione, insieme allo scaricatore di emergenza (la canalizzazione atta a far tracimare le acque in Ticino in caso di piena).

A questo punto il comune di Castano, con i liquami delle paludi ormai sotto casa, chiede di utilizzare le vasche dell’Arno per inviarvi, oltre alle acque del torrente, anche le acque in uscita dal depuratore. I tecnici e il parco storcono il naso: le vasche non sono progettate per ospitare così tanta acqua; dal depuratore fuoriesce una portata quasi tripla rispetto a quella del torrente (la portata di magra dello scarico del depuratore è di circa 2.5 mc/s, che diventano anche 12 in caso di piogge; la portata media dell’Arno è pari a ca. 1 mc/sec). Ma il sindaco di Castano rassicura gli animi affermando che ‘data la capienza delle vasche, lo scarico in Ticino non dovrebbe avvenire mai’ (dal verbale del Collegio di Vigilanza dell’Accordo di Programma, 23 novembre 2000). In un fugace ed irripetibile scatto di generosità poi, il Consorzio Villoresi si dice disposto ad accogliere, se necessario, le acque di scarico del depuratore nelle proprie canalizzazioni irrigue, anche nell’arco dell’intero anno, purchè si tratti di una situazione transitoria.

Nella primavera 2001, con l’impianto di disinfezione non ultimato, l’impianto di fitodepurazione ancora di là da venire, nessuna certezza per l’uso agricolo e per la realizzazione del collettore al Canale Industriale, si stabilisce di fare uno ‘strappo’ all’accordo e di avviare il funzionamento delle vasche – non collaudate - deviando in esse anche le acque del depuratore. In autunno, la situazione sembra reggere, ma già ci sono problemi legati alla mancanza di manutenzione delle griglie all’ingresso delle vasche, che dovrebbero trattenere il materiale solido trasportato dal torrente. L’impianto UV è finalmente terminato, ma manca il collaudo, quindi nelle vasche confluiscono le acque dell’Arno (inquinate da scarichi industriali non depurate) e quelle del depuratore (inquinate da coliformi e da coloranti), insieme a rifiuti e detriti trasportati dal torrente. Una situazione non certo idilliaca, e non consola il pensiero che questi liquami percolino in falda. Un ulteriore problema è la manutenzione delle vasche stesse: a causa della imprevista grande quantità di acqua presente, è impossibile realizzare gli interventi di pulizia del fondo delle vasche, necessari ad assicurarne la permeabilità. Inoltre continua a non essere chiaro a chi competa la manutenzione.

Ed arriviamo a marzo 2002, il collaudo dell’impianto UV non è ancora ultimato, continua a non partire il cantiere per la realizzazione del collettore del depuratore, il progetto per la fitodepurazione non è ancora approvato: il parco segnala che iniziano a verificarsi sversamenti di liquami dalle vasche di spagliamento al Ticino, ma il consorzio per la depurazione dell’Arno è di fatto immobile, la provincia di Varese viene richiamata a svolgere i propri compiti di controllo degli scarichi nell’Arno, considerato che ora gli inquinanti sversati nel torrente raggiungo il fiume, il consorzio Villoresi traccheggia accampando prestesti per evitare di ricevere le acque del depuratore nella propria rete irrigua. A giugno l’assessore regionale Bernardo, con una propria lettera, ammette il quadro preoccupante di sversamenti ‘non idonei’ nel Ticino, e dichiara che ‘il sistema complessivo previsto dall’accordo di Programma non sarà operante sino all’inizio del 2004’. Il parco afferma che questa situazione determina un peggioramento delle acque del Ticino, non più balneabile fino a 20 km a valle dello scarico. Il Consorzio di depurazione e il Consorzio Villoresi continuano a traccheggiare e rimpallarsi responsabilità, l’UV non funzionerebbe perché il collaudo dell’impianto è impossibile se non viene attivato lo scarico nella rete irrigua, viene detto, che dovrebbe utilizzare una condotta realizzata da un decennio ma mai – a sua volta – collaudata…(dal verbale della riunione urgente del 19 giugno 2002). Per la fitodepurazione i problemi sarebbero invece di natura burocratico – finanziaria, mentre per il collettore al Canale Industriale l’appalto dovrebbe essere fatto in autunno. Nessuno si occupa della manutenzione delle vasche.

Alla successiva riunione del collegio di vigilanza (5 luglio 2002) lo scarico in Ticino continua ad essere la patata bollente. La Regione ribadisce come, in base ai programmi, tutte le opere del Consorzio Arno avrebbero dovuto essere ultimate a maggio 2002, e sulla base di questo impegno si era deciso di far fronte all’emergenza di Castano deviando le acque del depuratore nelle vasche di spagliamento. La situazione ora appare intollerabile poiché il ritardo preventivato è già di due anni. Inoltre Regione e Parco lamentano la totale latitanza della Provincia di Varese, a cui era stato chiesto di intensificare i controlli sugli scarichi industriali in Arno: ora che l’Arno di fatto scarica di continuo in Ticino, il problema maggiore è infatti rappresentato dagli inquinanti del torrente, oltre che dal colore e dalla carica batterica delle acque depurate. Intollerabile poi è l’assenza di manutenzione sulle opere.

A ottobre 2002 viene comunicato l’esito negativo del collaudo dell’impianto UV ed il consorzio di depurazione (al cui vertice nel frattempo è subentrato il nuovo presidente Modesto Verderio, che sostituisce Aldo Morniroli) annuncia che comunque fino a marzo 2003 le acque di scarico del depuratore dovranno continuare a recapitare nelle vasche di spagliamento, tuttavia viene assicurato che per la fitodepurazione la gara per l’assegnazione si svolgerà a novembre, il che permetterà di realizzare l’opera entro giugno 2004, con uno slittamento di altri tre mesi. Viene inoltre annunciata la volontà di realizzare un impianto (ozonizzazione) per la decolorazione delle acque e il completamento degli allacciamenti al collettore consortile da Gazzada a Lonate. La Provincia di Varese fa il quadro delle autorizzazioni allo scarico delle industrie: di 29 autorizzazioni, solo 6 scadranno prima del 2003, per le altre bisognerà attendere gli anni successivi per imporre condizioni più restrittive: in pratica l’inquinamento chimico è destinato a durare a lungo, mentre dall’altra sponda del Ticino la provincia di Novara lamenta il peggioramento della qualità delle acque.

La situazione ormai cronicizzata di inquinamento del Ticino, e in particolare del ramo Marinone, provoca nel frattempo la reazione delle associazioni ambientaliste, che costituiscono un coordinamento formato da gruppi di entrambe le sponde del Ticino. Nel luglio 2003 il coordinamento per la Salvaguardia del Ticino insieme al Codacons presenta alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio una denuncia e una istanza di sequestro preventivo per violazione dell’art 674 c.p. a seguito dell’introduzione nel Marinone delle acque di colore scuro e presumibilmente contenenti sostanze tossiche. In corrispondenza dello scarico viene posizionato uno striscione con la scritta ‘qui si uccide il Ticino’.

A ottobre 2003 le opere regionali sono ormai concluse, ma mancano i collaudi, ed ancora non definite sono le responsabilità della manutenzione, che viene proposta all’AIPO, chiedendole di farsi carico della manutenzione delle vasche a partire dal 2004. La conclusione delle opere di competenza dei consorzi di depurazione e Villoresi viene prospettata per il 2005, anno in cui verrà ultimato anche l’impianto di decolorazione (non previsto dall’accordo di programma). Nel frattempo le analisi sullo scarico dell’impianto di depurazione confermano il rispetto dei requisiti richiesti (nonostante la colorazione), e tuttavia il consorzio Villoresi seguita ad opporsi alla ricezione delle acque nella propria rete irrigua poiché la colorazione non sarebbe gradita agli agricoltori. Per quanto riguarda le altre due opere indispensabili a sottrarre alle vasche le acque del depuratore (fitodepurazione e condotta al Canale Industriale) la conclusione dei lavori è prevista entro gennaio 2004.

A novembre 2003 il Coordinamento di associazioni lancia una raccolta di firme per ‘salvare dall’inquinamento il Ticino e il Naviglio’ e costringere le autorità competenti ad un intervento tempestivo allo scopo di far cessare il disastro ambientale. Le associazioni chiedono il rispetto dell’Accordo di Programma ed inoltre chiedono alla Provincia di Varese la immediata revoca degli scarichi industriali in Arno

A dicembre 2003 non esiste ancora certezza sull’affidamento ad AIPO della manutenzione e le vasche non sono ancora collaudate, benchè siano in funzione da quasi 3 anni con le descritte conseguenze per il Ticino. La fitodepurazione è in fase di collaudo, ma manca la condotta di scarico, indispensabile per il suo funzionamento, per la quale i lavori inizieranno ad aprile 2004 per concludersi ad aprile 2005. L’impianto di decolorazione dovrebbe entrare in funzione a fine 2005. Tuttavia le analisi delle acque ne confermano l’idoneità a fini irrigui, e nonostante ciò il Consorzio Villoresi seguita ad opporsi al loro utilizzo.

Il 28 febbraio 2004 gli ambientalisti si recano in visita all’impianto di depurazione. Ricevono rassicurazioni sulla soluzione dei problemi con il completamento delle opere di competenza del Consorzio, ma solo a partire dal 2005 o, più verosimilmente, dal 2006.

Il 17 aprile 2004 gli ambientalisti si recano a visitare dapprima l’impianto di fitodepurazione (in fase di collaudo e vegetazione, mancando ancora lo scarico) e le vasche di spagliamento controllato, ancora non collaudate. E lì si manifesta un ulteriore problema, legato alla mancanza di manutenzione (responsabile anche della perdita di funzionalità del sistema drenante): l’inoperatività del sistema di grigliatura determina l’accumulo di enormi quantità di detriti e rifiuti galleggianti in corrispondenza del sifone di collegamento tra le due vasche, che appaiono in uno stato di sostanziale abbandono. La presenza di rifiuti nei sifoni pone un concreto rischio di intasamento e di tracimazione delle vasche, la cui capacità è di diverse centinaia di migliaia di metri cubi d’acqua: in tal caso sarebbero a rischio di allagamento le campagne e i centri abitati posti a sud dell’opera.

Per tutte queste ragioni il 10 maggio 2004 legambiente Lombardia presenterà a tutti gli enti sottoscrittori dell'accordo di programma un atto di diffida, segnalando la situazione di degrado ambientale e di pericolosità, e chiedendo il loro immediato intervento per sanare il grave quadro determinatosi a seguito del susseguirsi di omissioni, ritardi e inadempienze.

Le informazioni di questo dossier sono tratte da:

–articoli di giornale

–documentazione prodotta dalle associazioni e dai coordinamenti locali

–accordo di programma per il risanamento dell'area di spagliamento dell'Arno

–Verbali delle riunioni del Collegio di Vigilanza per l'attuazione del torrente Arno e della conferenza preliminare allo stesso, dal 26 maggio 1998 al 17 dicembre 2003

Redazione a cura di Damiano Di Simine – parchi.lombardia@legambiente.org