Il depuratore di Sant’Antonino non scaricherà più nel fiume. Forse già entro questa estate l’acqua depurata potrebbe irrigare le campagne dell’Altomilanese

Ma il condizionale è ancora d’obbligo. Tutto dipende dalla burocrazia della Provincia di Milano. 

La buona notizia annunciata in un incontro a Tornavento

Ticino, l’orizzonte è rosa

 

di Francesco Chiavarini                                                     4 Maggio 2006

 

La domanda per immettere acqua nel Villoresi, e quindi nelle rete irrigua, è stata inviata a Palazzo Isimbardi il 21 aprile

Non finiranno più nel Ticino gli scarichi di Malpensa e dei 26 comuni, quasi tutti del Varesotto, che vengono ripuliti dal depuratore di Sant’Antonino a Lonate Pozzolo. Quelle acque violette o blu, a seconda dei coloranti che utilizzano le tintorie della zona - perfettamente a norma secondo i tecnici, inquietanti a parere dei cittadini - potrebbero prendere un’altra via già entro l’estate. Il condizionale è però, purtroppo, ancora d’obbligo: tutto dipenderà dai tempi della burocrazia. Nel corso dell’incontro di giovedì 4 maggio promosso da Legambiente e dal coordinamento "Salviamo il Ticino" alla Dogana austriaca di Tornavemto, Roberto Keffer, progettista dell’impianto, ha annunciato di avere presentato alla Provincia di Milano la richiesta di autorizzazione allo scarico nel Villoresi. La domanda è stata inviata il 21 aprile. Se la riposta sarà celere, nelle prossime settimane finalmente le acque che escono dal depuratore, saranno utilizzate per irrigare le campagne dell’Altomilanese, così come prevedeva l’accordo di programma sottoscritto da Regione, Province di Varese e di Milano, Parco del Ticino, Comuni e Consorzi di bonifica nel lontano ’98.

Quindi, se la pratica non sarà dimenticata in qualche cassetto, già nei prossimi mesi il depuratore alimenterà la rete irrigua. In alternativa scaricherà nel canale industriale (il prolungamento del Naviglio Grande), con il quale è stato collegato (la conduttura di raccordo è stata ultimata).

Dunque, in ogni caso il Marinone, il pregiato ramo del fiume azzurro, che oggi riceve le acque del depuratore sarà salvo. Gli agricoltori, dal canto loro, non avranno problemi. Come ha riconosciuto lo stesso direttore del Parco del Ticino Dario Furlanetto, «Sant’Antonino è uno degli impianti più all’avanguardia e la carica batterica delle sue acque è più bassa di quella che si può registrare in alcuni punti del Ticino». Ad ogni buon conto è stata predisposta una rete di centraline tese a monitorare qualità e quantità delle acque del depuratore in immissione nel Villoresi, controllate dall’ARPA Lombardia che, nel caso di registrazione di qualche anomalia, rispediranno l’acqua al mittente.

Ma le buone notizie non sono finite qui. Nel frattempo, infatti, saranno finalmente ripulite anche le vasche di spagliamento costruite alle porte di Castano Primo nel Milanese, nei pressi del Ticino, per contenere il torrente Arno che scende dalle colline di Morazzone in provincia di Varese. Grazie al finanziamento approvato dalla Regione Lombardia nelle scorse settimane, un milione e 200 mila euro, i bacini artificiali saranno ripuliti dal Parco e successivamente consegnati all’Aipo, l’autorità interregionale che ha sostituito il Magistrato del Po su tutto il suo bacino imbrifero.

L’intervento di manutenzione straordinaria eviterà che le acque dell’inquinato torrente varesino trabocchino dai vasconi (in cui fino ad oggi si riversano anche le acque del depuratore) continuando a mescolarsi con le acque azzurre del Ticino, che scorrono pochi metri al di sotto. Inoltre, dal momento che è stato individuato anche il nome e il cognome di chi dovrà occuparsi della loro gestione ordinaria, l’Aipo appunto, si può sperare che fra qualche anno non ci si troverà nella stessa situazione di oggi.

Tuttavia, non è il caso di farsi troppe illusioni sulla balneabilità delle sponde del fiume azzurro. Come ha ricordato Furlanetto tutte le spiagge della zona sub-lacuale, vale a dire quella a sud del Lago Maggiore, sono proibite ai bagnanti. Non basteranno certamente questi interventi a invertire la tendenza. Certamente non per questa stagione. Insomma, da Sesto Calende fino a Motta Visconti anche quest’estate niente tuffi. Si può, però, intravedere un po’ di rosa all’orizzonte. Claudio Spreafico, responsabile del coordinamento per la salvaguardia del Ticino, sembra piuttosto ottimista. «Finalmente si sa chi dovrà fare che cosa – afferma-: ora il Comitato di vigilanza nel quale siedono i sindaci dovrà vigilare perché chi si è assunto delle responsabilità, rispetti gli impegni. La battaglia sembra arrivata ad una importante svolta. Occorrerà comunque tenere alta l’attenzione perché tutto vada per il meglio, nei prossimi mesi, e perché gli interventi di manutenzione vengano effettuati anche e soprattutto nei prossimi anni.».

 

Il depuratore

Un solo impianto per 450mila "abitanti"

Tra i 56 depuratori presenti nel bacino del Ticino, l’impianto di Sant’Antonino a Lonate Pozzolo è quello più grande. Tratta le acque reflue di 450mila abitanti equivalenti, un terzo dei quali è costituto da cittadini in carne ed ossa, due terzi da industrie (per lo più lava-tintorie e tinto-stamperie dell’area del Bustocco e del Gallaratese, oltre all’aeroporto di Malpensa). Lo stesso Parco del Ticino riconosce che Sant’Antonino è uno dei depuratori meglio strutturati. Il suo fiore all’occhiello è rappresentato dalla vasche di fito-depurazione. In pratica, una palude artificiale, che a breve dovrebbe cominciare a funzionare come una sorta di biofiltro, sfruttando la capacità naturale di alcune piante acquatiche di metabolizzare i batteri e dunque abbattere la concentrazione di inquinanti. Inoltre, da qualche settimana all’interno dell’impianto sono stati terminati i lavori di costruzione dell’impianto di ozonizzazione, che disinfetterà e schiarirà l’acqua (che attualmente esce nera e fila dritto in Ticino), rendendo più efficace anche il successivo passaggio, ovvero il trattamento con i raggi ultravioletti, che consente di abbattere ulteriormente la carica batterica.

Quindi, messi a regime gli impianti ed ottenute le ultime autorizzazioni allo scarico richieste questo dovrebbe essere il destino dei reflui del depuratore: ozonizzazione (disinfezione ed abbattimento del colore), raggi ultravioletti (ulteriore disinfezione). In inverno passaggio delle acque nell’area di fitodepurazione, che le affina ulteriormente dal punto di vista dell’abbattimento della carica batterica e del colore ed immissione nel canale industriale poi Naviglio Grande; in estate, uscite dal depuratore immissione nel collettore che le porterà nel secondario del Villoresi all’altezza di Arconate ed utilizzo irriguo.

 

Furlanetto: «L’Arno resta una minaccia»

Attenzione all’Arno. Le sue acque, in teoria, sarebbero dovute rimanere nelle vasche di spagliamento, senza mai finire in Ticino. Tuttavia, poiché vi fu l’esigenza di far partire il depuratore (che doveva avere un recapito finale per le sue acque e che lo ebbe nell’Arno) e soprattutto vi fu l’esigenza di salvare l’abitato di Castano Primo dall’invasione delle acque dello steso torrente, queste furono destinate ad una funzione che non era la loro, addirittura prima di essere collaudate. Per qualche anno hanno quindi ricevuto acqua in quantità ben maggiore di quella per la quale erano state progettate e di qualità altrettanto differente, sicchè, anziché svolgere il ruolo di vasche di dispersione, si sono intasate.

Con il tempo quindi quei bacini artificiali si sono intasati e nessuno li ha mai ripuliti e da anni le acque dell’Arno che riceve quelle del depuratore fuoriescono e si mescolano con quelle del fiume azzurro. L’Arno così non danneggia più i castanesi, ma inquina il Ticino, lungo uno dei suoi rami più pregiati, il Marinone.

Il Parco del Ticino ha ricevuto dalla Regione Lombardia recentemente l’incarico e i soldi (un milione e 200mila euro) per ripulire i vasconi. Una volta rimessi a nuovo li passerà all’Aipo, l’ex Magistrato del Po, che dovrà provvedere a tenerli in condizioni, si spera migliori, delle attuali. Inoltre, grazie al completamento delle opere idrauliche, il depuratore di Sant’Antonino non sovraccaricherà più quelle stesse vasche con un’ulteriore portata d’acqua, poiché a breve l’acqua del depuratore potrà – se tutto andrà bene – prendere le strade alternative che sin dall’inizio erano state indicate. Finalmente, dunque, il Ticino eviterà di ricevere il contributo indesiderato dell’Arno trasformato artificialmente in un suo affluente.

Le condizioni del torrente sono però preoccupanti, al di là del fatto che finisca in Ticino o spagli nelle vasche costruite appositamente, e vanno tenute sotto controllo, se si vuole proteggere l’ecosistema anche del fiume azzurro. Su questo punto ha insistito nel corso dell’incontro alla Dogana austriaca di Tornavento, giovedì scorso, Dario Furlanetto, il direttore del Parco del Ticino. «Per vederci chiaro nello stato di salute del torrente Arno 10 tecnici del Parco hanno risalito metro dopo metro tutto il suo corso, e, durante la nostra campagna di rilevamento sul campo – ha rivelato Furlanetto – abbiamo scoperto 77 scarichi diretti nel torrente, la stragrande maggioranza dei quali erano sconosciuti alla Provincia di Varese, l’ente competente al controllo. Li abbiamo individuati e segnalati. Nel corso di un incontro, un mese e mezzo fa, a Palazzo Isimbardi, abbiamo saputo che le autorità provinciali hanno revocato l’autorizzazione a 11 scarichi e ha avviato le procedure di accertamento su altri 29».

Insomma, qualcosa, finalmente, si sta muovendo anche su questo fronte. «Dal canto nostro – ha spiegato Roberto Keffer del Consorzio di bonifica del bacino del Arno, Rile e Tenore, oggi divenuto una società per azioni proprietaria anche del depuratore di Sant’Antonino - stiamo procedendo ad ampliare la rete di collettori, soprattutto nella zona Nord. Ma non è nostro compito obbligare gli utenti privati a collegarsi. L’assetto idraulico del torrente è di competenza della Regione Lombardia».